Il Texas Ratio

FTA Online News, Milano, 06 Lug 2016 - 14:37

L’Associazione delle banche italiane ABI ha calcolato che a fine marzo 2016 le sofferenze nette del sistema del credito italiano ammontavano a 83,6 miliardi di euro. Si tratta della peggiore eredità lasciate dalla crisi alle banche tricolori ed europee. Se si considerano tutti i “crediti deteriorati”, ossia i prestiti che registrano irregolarità, ritardi o mancati pagamenti, si arriva solo in Italia a circa 200 miliardi di euro. In Europa la cifra sale complessivamente a oltre 900 miliardi di euro: una palla al piede per il credito all’economia reale e per la stessa stabilità finanziaria. Al punto che, in contemporanea all’annuncio di varie misure nazionali per il contenimento di queste “esposizioni pericolose”, anche la Banca Centrale Europea ha deciso di intervenire.
I segnali di allarme, provenienti soprattutto dalle banche italiane, si sono d’altronde moltiplicati negli ultimi mesi e hanno spaventato i mercati. L’elevato livello di crediti deteriorati in Italia (il termine anglosassone è non-performing loans o in sigla NPL) e la necessità di circoscriverne e definirne l’impatto sul sistema ha favorito così il ricorso a un indicatore statunitense: il Texas Ratio.

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Si tratta di un indicatore che mette in rapporto i “prestiti non performanti” (i crediti deteriorati di cui sopra) al patrimonio netto tangibile di una banca. In parole semplici questo indicatore rapporta i crediti a rischio al patrimonio tangibile della banca (ossia al capitale netto diminuito delle immobilizzazioni immateriali) per verificare che quest’ultimo superi il primo e che quindi la banca sappia far fronte all’eventuale perdita di questi crediti. Per questo motivo il Texas Ratio dovrebbe sempre essere inferiore all’unità (quindi con un patrimonio tangibile che supera i crediti a rischio).
Va evidenziato che i crediti deteriorati vanno considerati come crediti deteriorati netti, ossia al netto delle rettifiche di valore che nel tempo le banche hanno compiuto per tenere conto dei rischi connessi a eventuali insolvenze.
Tecnicamente i crediti deteriorati comprendono in ordine decrescente di “gravità” sofferenze, partite incagliate, crediti scaduti e/o sconfinanti deteriorati e Crediti ristrutturati.
Il loro valore lordo di libro (che indica il totale di crediti e interessi che la banca si attendeva quando ha prestato il denaro) va sempre depurato delle rettifiche di valore apportate nel tempo per tenere conto dei rischi materializzatisi (valore netto di libro, ossia i crediti deteriorati netti).
Il Texas Ratio deriva il suo nome dal Texas dove il banchiere Gerard Cassidy della RBC Capital Markets lo creò negli anni Ottanta per la valutazione delle banche dello stato dopo una catena di fallimenti che ne aveva mandato in default alcune centinaia a seguito di una crisi immobiliare. Nella versione originale infatti al numeratore venivano sommati ai crediti deteriorati anche le attività immobiliari controllate dalla banca.
Al riguardo occorre notare l’uso diffuso anche del “Texas Ratio Modificato” che al numerato mette gli NPL sottraendo da essi i prestiti garanti dal governo o da enti paragovernativi (ritenuti sicuri) e aggiungendo l’ammontare dei beni immobili posseduti. Al denominatore nell’indice modicato vanno invece il patrimonio netto tangibile e le riserve per le perdite su crediti.
Entrambi gli indicatori (quello normale e quello modificato) possono essere espressi sia come rapporto “puro” ossia con un parametro di riferimento nell’unità quando deteriorati e patrimonio si equivalgono, che come percentuale (quindi con il 100% al pareggio).

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