CFD: Contract for Difference

Il CFD è uno strumento derivato e può essere definito come un contratto tra due parti



FTA Online News, Milano, 14 Nov 2008 - 16:11

CFD è l'acronimo dell’inglese Contract for Difference, Contratto per Differenza. Il CFD è uno strumento derivato e può essere definito come un contratto tra due parti nel quale l'acquirente, a fronte di un pagamento di un tasso di interesse, riceve il rendimento di un attività finanziaria sottostante mentre il venditore del contratto, a fronte dell'incasso degli interessi, si impegna a pagare il rendimento dell'asset sottostante. Le due  parti si accordano per scambiarsi il flusso finanziario derivante dal differenziale tra il prezzi di un attività finanziaria sottostante rispettivamente al momento dell’apertura (accensione) del contratto e al momento della sua chiusura (conclusione).

Attraverso i CFD si opera quindi sulle differenze di prezzo dei contratti, guadagnando o perdendo in funzione della differenza tra il prezzo di acquisto ed il prezzo di vendita del sottostante, moltiplicato per il numero di CFD scambiati. E' possibile acquistare (long) o vendere allo scoperto (short) il CFD.

Introdotti circa 20 anni fa, recentemente stanno registrando un crescente interesse da parte degli investitori. Alcune stime indicano che nel Regno Unito il trading sui CFD sia pari al 20% del turnover del London Stock Exchange.

La negoziazione di un CFD è molto simile alla normale negoziazione di altri strumenti finanziari. Il loro prezzo peraltro è quasi analogo a quello degli strumenti sottostanti. Tuttavia non è necessario pagare l’intero valore dell’operazione in quanto è sufficiente depositare un margine (che normalmente varia tra il 10% e il 20% del valore dell’operazione, a seconda del tipo dello strumento scambiato e della sua volatilità). Con l'acquisto del CFD inoltre non si ottiene la proprietà del sottostante ma si crea una posizione sintetica che replica l’andamento del sottostante stesso che può essere rappresentato da azioni, indici, valute e commodities.

Durante il periodo in cui la posizione resta aperta, al detentore di CFD viene addebitata o accreditata una somma che riflette gli adeguamenti di interesse e di dividendi. In caso di posizioni 'long', si ricevono dividendi e si pagano interessi. Questi ultimi vengono calcolati solitamente aggiungendo una percentuale fissa (spread) ad un tasso di riferimento base (ad esempio Euribor + x%). L'opposto avviene in caso di posizioni 'short' (gli interessi vengono calcolati sottraendo una percentuale fissa al tasso di riferimento).

Un esempio può chiarire le modalità operative:

CFD azionario ‘long’*

Supponiamo di acquistare 1000 CFDs Fiat a 6,10 euro. Il margine richiesto è di 915 euro (ipotizzando un margine del 15%). In caso di vendita dopo 25 giorni a 6,90 euro, il profitto lordo generato dall'operazione sarà pari a (6,90-6,10) x 1000 =  800 euro

A questo valore bisogna sottrarre gli interessi passivi da marginazione che, ipotizzando un tasso Euribor pari al 4% e uno spread pari al 2,5%, risultano pari a (6100 x 6,5% x 25gg/365gg) =  27,16 euro. Il profitto netto è dunque pari a 772,84 euro.

*Per semplicità di calcoli non vengono riportate le commissioni pagate all'intermediario.

Ogni operazione sul capitale relativa allo strumento sottostante (come ad es. bonus, aumenti di capitale a premio o pagamento, raggruppamenti e split azionari) si riflette sul prezzo del CFD.

Normalmente, una posizione in CFD resta aperta finché il detentore non decide di chiuderla. Tuttavia, in caso di società oggetto di offerte di acquisizione la posizione in CFD aperta su titolo della società oggetto di offerta viene chiusa il giorno precedente all’ultimo in cui le azioni sono quotate nella forma esistente, a prescindere dalla volontà del detentore.

Attraverso i CFDs possono essere perseguite diverse strategie: pairs trading (o spreads) che consistono nella negoziazione simultanea di due CFD (uno 'long' e uno 'short') su sottostanti diversi; strategie direzionali (puntando sul rialzo di un titolo forte o sul ribasso di un titolo debole); arbitraggi (anche su azioni di risparmio contro ordinarie o in caso di aumenti di capitale); mismatching; long – short (direzionale); market neutral; creazione di portafogli neutrali (utilizzando beta e correlazioni).

 


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