Bad bank

Veicolo societario in cui far confluire gli asset "tossici" di una banca



FTA Online News, Milano, 20 Mar 2009 - 11:26

Cos’è una bad bank?

Una bad bank consiste nella creazione di un veicolo societario in cui far confluire gli asset “tossici” di una banca. Con tale termine si fa riferimento alla suddivisione in due di una banca, nella sua parte “buona” (good bank) e in quella “cattiva” (bad bank). La banca buona si occuperà di tutte le parti sane dell’attività di credito, mentre la parte cattiva comprenderà tutte le attività cosiddette “tossiche”.

Si tratta di una terminologia relativamente nuova, recentemente tornata in auge con il progetto del piano Paulson contro la crisi, proposto negli Usa il 19 settembre scorso, il quale prevedeva inizialmente che lo Stato acquistasse i titoli tossici detenuti dalle banche. L’amministrazione Obama ha rilanciato invece l’idea della creazione di una banca ad hoc (bad bank per l’appunto) con il compito di alleggerire istituti e le società finanziarie da titoli pesanti e difficili da smaltire. Ancora non si è deciso se si tratterà di un intervento che verrà effettuato attraverso la creazione di un fondo apposito del Governo, o se ogni banca dovrà creare la propria bad bank che poi andrà quotata separatamente. Ogni azionista potrebbe, ad esempio, ricevere due azioni di cui una facente riferimento alla banca buona e un'altra a quella cattiva.

 

Perché una bad bank?

L’obiettivo della creazione di una bad bank è quello di depurare gli istituti finanziari dalle perdite derivanti da derivati e attività tossiche.
Cosa si intende per attività tossiche o asset tossici? Si fanno rientrare in questa categoria di attività i titoli legati ai mutui subprime e tutti i prodotti e investimenti iscritti in bilancio nell'attivo patrimoniale con un elevato valore nominale, ma che hanno un valore di mercato prossimo allo zero. Si tratta per lo più dei cosiddetti titoli spazzatura, tanto che l’operazione Usa è stata ribattezzata da alcuni “cash for trash”.

 

Quanto valgono queste attività?

Secondo recenti stime si aggirerebbero sui 9.700 miliardi di dollari negli Usa e 1.300 miliardi di euro in Europa.
Le attività tossiche sono però difficili da stimare anche perché spesso vengono scambiate in mercati poco liquidi e sono soggette a valutazioni diverse anche nei bilanci delle diverse banche.

 

Come eliminarle?

La bad bank, abbiamo detto, rappresenta una soluzione per liberare la banca dai titoli tossici che rappresentano un peso nella pancia degli istituti. Con la bad bank questi titoli vengono trasferiti a una nuova società in modo da poter lasciare la banca libera di funzionare regolarmente.
Una volta isolati i titoli nella bad bank viene effettuata una scissione azionaria. Potrà essere utilizzata la forma di sottoscrizione di azioni privilegiate da parte del governo, oppure quella di azioni ordinarie che potranno essere vendute sul mercato.
Quello che la bad bank dovrà fare successivamente è liquidare questi titoli attendendo che, una volte migliorate le condizioni del mercato, diminuisca la differenza tra il valore di mercato degli asset e quello nominale.
L’ammontare elevatissimo di queste attività rende però necessario l’intervento da parte degli Stati, unici candidati a fornire fondi per l’acquisto dei titoli.

 

Meglio le ricapitalizzazioni o le bad bank?

Con entrambe le operazioni si agisce sul grado di rapporto attivo/patrimonio (leverage). Nel primo caso però si opera sul numeratore, sottraendo dall’attivo gli asset tossici e alleggerendolo quindi di attività fortemente svalutate, mentre nel secondo si rafforza il denominatore aumentando il capitale.
Tuttavia, con la ricapitalizzazione, o sottoscrivendo obbligazioni, lo Stato opera come un investitore godendo di diritti patrimoniali e di gestione, andando anche a toccare interessi di management e azionisti, mentre con la seconda strada non incide direttamente sull’attività di impresa.


Case histories

Il banco di Napoli

Il primo esempio di bad bank italiana è quella del Banco di Napoli che, alla fine degli anni ’90, ha attraversato un momento difficile sfociato nell’acquisto dell’istituto per una cifra  pari a circa 30 milioni di euro da parte della cordata composta dalla Banca Nazionale del Lavoro e dall'Istituto Nazionale delle Assicurazioni. Dopo circa due anni di gestione caratterizzata da risultati operativi fortemente inferiori alle aspettative, la banca è stata ceduta al gruppo Sanpaolo Imi, che ne ha acquistato la proprietà, mutandone la denominazione in Sanpaolo Banco di Napoli S.p.A. e dotandola di un capitale sociale di 800.000.000 di euro. All’epoca era stata creata anche la bad bank, istituita per il recupero dei crediti in sofferenza, che è riuscita a rientrare di quasi tutte le esposizioni che precedentemente avevano sancito la fine di uno dei più antichi istituti di credito del nostro paese.

Lloyd’s

Un altro esempio è rappresentato da Lloyd’s, la celebre compagnia assicurativa britannica che, già quindici anni fa, applicò con successo questo sistema. Negli anni '90 il mercato delle polizze rischiò infatti di fallire per una serie di pericoli provenienti soprattutto da "asset tossici" (collegati, al tempo, principalmente all'amianto) sottoscritti negli Stati Uniti.
Quegli asset furono separati - erano pari a circa 8 miliardi di sterline e sembravano una cifra enorme - e collocati in una società ben capitalizzata: la Equitas, che di recente è stata acquisita da Warren Buffet, la quale vi ha visto un buon investimento di lungo termine.


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