Ace: l’Aiuto alla Crescita Economica

Incoraggiare la ricapitalizzazione delle Pmi



FTA Online News, Milano, 17 Ott 2014 - 11:56

L’Aiuto alla crescita economica, più noto con l’acronimo di Ace, è un’agevolazione per le imprese introdotta con la legge Decreto-Legge 201 del 6 dicembre 2011. Si tratta in pratica di una riduzione dell’imposizione dei redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio. Con questa agevolazione in pratica lo Stato si propone di ridurre lo squilibrio fiscale tra le imprese che si finanziano con capitale proprio (ossia quelle agevolate dall’Ace) e le imprese che si finanziano con il ricorso al debito. In definitiva l’Ace si propone di favorire una ripatrimonializzazione delle imprese in un Paese che da tempo soffre di una struttura di piccole e medie imprese capitalizzate troppo poco. In ultima istanza l’incentivazione a reinvestire risorse nel capitale proprio delle imprese dovrebbe favorire la ripresa economica e il riequilibrio patrimoniale delle stesse aziende, rafforzandone la competitività.

Dal punto di vista operativo l’Ace consente di dedurre dal reddito complessivo imponibile il rendimento nozionale del capitale proprio dell’azienda. Non sono previsti limiti agli incrementi patrimoniali agevolabili.

L’applicazione dell’Ace ha previsto, però, da subito una tempistica precisa per le incentivazioni. In pratica per i primi 3 anni di applicazione della norma, ossia tra il 2011 e il 2013, il rendimento nozionale del capitale deducibile tramite l’Ace è stato posto al 3%.

A partire dal 2014 in poi, invece è previsto che il Ministro dell’Economia entro il 31 gennaio di ogni anno fissi l’aliquota tenendo conto dei rendimenti medi dei titoli del debito pubblico, aumentandoli anche di altri 3 punti percentuali per compensare il maggior rischio.

E’ facile calcolare che, visto che l’aliquota Ires (Imposta sul reddito delle società) ammonta al 27,5%, una deduzione dall’imponibile del 3% si traduce in un risparmio dello 0,825% dell’incremento patrimoniale. Va inoltre sottolineato che dall’Ace sono escluse le società assoggettate alle procedure di fallimento, liquidazione coatta e amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Né possono essere conteggiati gli apporti in denaro provenienti da soggetti domiciliati in Paesi diversi da quelli che consentono lo scambio di informazioni con l’Italia: tali apporti non fanno aumentare la base di calcolo dell’Ace.

In definitiva l’Ace prevede la possibilità di dedurre dal reddito imponibile parte dei capitali impiegati per l’incremento del patrimonio delle imprese e vuole incoraggiare, a determinate condizioni, la ricapitalizzazione delle Pmi italiane.

Il Decreto Legge che instaura l’Ace specifica infine che i conferimenti in denaro sono conteggiati a partire dalla data del versamento, mentre quelli che derivano dall’accantonamento di utili si conteggiano a partire dall’inizio dell’esercizio in cui si sono formate le reserve.


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