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Flossbach von Storch: Fed e Boj, politiche monetarie a confronto - PAROLA AL MERCATO

di Bert Flossbach* (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 21 apr - L'aspettativa che l'inflazione raggiunga presto l'obiettivo dei due punti percentuali e che la Fed tagli i tassi di interesse di oltre un punto percentuale quest'anno si e' rivelata troppo ottimistica. L'indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti rimane ostinatamente al di sopra della soglia dei tre punti percentuali, motivo per cui il presidente della Fed Jerome Powell ha ribadito a fine marzo che i tagli dei tassi di interesse sarebbero stati appropriati solo quando si fosse avuta la certezza che l'inflazione fosse in procinto di raggiungere l'obiettivo del 2%.

La Fed sta aspettando di vedere l'andamento dei dati economici e dell'inflazione nei prossimi mesi prima di prendere una decisione. Cio' e' comprensibile se si considera che l'inflazione dei prezzi al consumo rimane ostinatamente al di sopra del 3%, oltre a un'economia statunitense forte e a un mercato del lavoro solido. Gli investitori che hanno scommesso sul calo dei rendimenti e quindi sul rialzo dei prezzi delle obbligazioni dovranno pazientare ancora per un po'. Dal punto di vista odierno, un rendimento del 4,4% per i Treasury statunitensi a 10 anni non appare affatto eccessivo.

In caso di dati economici sempre positivi, di inflazione persistente al di sopra del 2% e di deficit di bilancio elevati, potrebbe addirittura essere un po' piu' alto.

I massicci programmi di spesa pubblica finanziati dal debito (infrastrutture, sussidi per l'industria dei chip e per le delocalizzazioni industriali) e le condizioni di finanziamento notevolmente migliorate per le imprese rafforzando ulteriormente l'economia e rendono piu' difficile per la Fed combattere l'inflazione. Se l'economia statunitense manterra' il tasso di crescita degli ultimi due trimestri, vicino al 3%, la Fed potrebbe essere costretta ad aumentare i tassi di interesse. Sebbene tale scenario non sia molto probabile, e' certamente ipotizzabile e coglierebbe i mercati finanziari in contropiede.

I Treasury statunitensi possono offrire un rendimento piu' elevato rispetto all'inizio dell'anno, ma il rapporto rischio/rendimento non e' migliorato. L'elevato deficit di bilancio, pari a oltre il 6% del prodotto interno lordo (PIL) statunitense, deve essere finanziato con l'emissione di nuovi titoli di Stato. Allo stesso tempo, si profila una mancanza di acquirenti.

I due maggiori creditori esteri degli Stati Uniti sono il Giappone, con un portafoglio di titoli di Stato per un totale di 1.064 miliardi di dollari, e la Cina, con 777 miliardi di dollari. Anche la Cina e' alle prese con una grave crisi immobiliare, un'economia fiacca, sanzioni tecnologiche statunitensi e un debito in rapido aumento ed e' probabile che voglia ridurre ulteriormente la percentuale delle sue riserve valutarie investite in titoli di Stato USA (di recente solo il 26%). La Cina ha presumibilmente spostato una quota non trascurabile delle sue riserve in dollari in oro e potrebbe continuare con questa strategia. E' probabile che le riserve auree effettive siano ora molto piu' elevate delle 2.258 tonnellate comunicate ufficialmente dalla banca centrale cinese alla fine di marzo.

Anche il Giappone probabilmente ridurra' in futuro il suo appetito per le obbligazioni statunitensi. Il Paese, fortemente indebitato, ha bisogno di bassi tassi d'interesse o di bassi rendimenti sui suoi titoli di Stato, in modo che i frutti della tanto attesa inflazione, che attualmente si attesta a poco meno del 3%, non vengano distrutti da una spesa per interessi alle stelle. In questo modo, il governo potrebbe incentivare i grandi investitori nazionali, come i fondi sovrani, i fondi pensione e le compagnie di assicurazione, a investire maggiormente in titoli di Stato giapponesi (JGB).

*co-fondatore di Flossbach von Storch.

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(RADIOCOR) 21-04-24 13:49:26 (0293) 5 NNNN

 


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