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Transizione energetica: il ritardo aumenta costi e riduce benefici sul Pil

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 04 mag - La transizione energetica per azzerare le emissioni di Co2 entro il 2050 non ammette ritardi. Se il cambiamento venisse rimandato fino al 2030, concentrato quindi solo in vent'anni senza sfruttare i prossimi sei, i costi aumenterebbero e si ridurrebbero invece i benefici sul Pil nazionale. A certificarlo e' il nuovo studio realizzato da Asvis e dal centro di ricerca internazionale Oxford Economics, che verra' presentato martedi' 7 maggio a Ivrea nell'ambito dell'evento di apertura del Festival dello sviluppo sostenibile.

Quattro gli scenari futuri ipotizzati. In caso di interventi posticipati al 2030, i danni fisici legati all'aumento delle temperature si alzano e l'introduzione tardiva della carbon tax impone un prelievo piu' elevato, concentrato in meno anni. Il tutto con ricadute economiche sotto le attese: il Pil in questo caso scenderebbe di tre punti percentuali rispetto alle attese.

Nel frattempo l'Italia entro il prossimo 30 giugno dovra' trasmettere alla Commissione europea la versione definitiva del Piano nazionale integrato Energia e Clima, lo strumento fondamentale per definire la politica energetica e ambientale del Paese. La Commissione, pero', ha gia' fatto sapere - analizzando la bozza presentata a giugno 2023 dal Governo - che le azioni previste sono insufficienti e che, solo con le misure elencate, nessuno dei target chiave verrebbe raggiunto.

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(RADIOCOR) 04-05-24 17:05:33 (0405)ENE 5 NNNN

 


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