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Perché Fisher Investments Italia ritiene che i prezzi delle IPO potrebbero essere eccessivi


Le offerte pubbliche iniziali (IPO) possono essere oggetto di commenti entusiasmanti nelle pubblicazioni finanziarie seguite da Fisher Investments Italia. Tuttavia, a nostro avviso questo entusiasmo può condurre alla conclusione errata che sottoscrivere un’IPO sia un modo semplice per ottenere rendimenti sostanziosi in breve tempo. Al contrario, crediamo che i prezzi delle IPO siano spesso eccessivi, e che gli investitori possano trarre beneficio evitando i titoli di recente quotazione.

Un’IPO è il processo tramite il quale una società privata rende disponibili le proprie azioni per il collocamento presso il pubblico. Sulla base della nostra ricerca, un motivo importante per quotarsi in borsa è l’esigenza di raccogliere capitale. Le società possono usare il capitale raccolto per comprare attrezzature, finanziare l’attività di ricerca e sviluppo, acquisire spazi per l’attività aziendale e per altre iniziative orientate alla crescita. Inoltre, la quotazione in borsa consente ai fondatori e ai primi investitori dell’azienda di ricevere un rendimento o di liquidare il loro investimento iniziale. Tuttavia, la quotazione in borsa può comportare nuove pressioni (legate ad esempio alle richieste degli azionisti) sul processo decisionale della società; pertanto, un’IPO non rappresenta necessariamente una soluzione interessante per tutte le aziende.

Secondo Fisher Investments Italia, di solito una società lancia un’IPO quando il prezzo di offerta è particolarmente favorevole per l’azienda, il che potrebbe non essere necessariamente vantaggioso per gli acquirenti interessati. Coloro che hanno investito nella società nelle fasi iniziali e che intendono liquidare il loro investimento desiderano un prezzo per azione che sia il più alto possibile al fine di massimizzare il rendimento. È probabile che anche i leader dell’azienda ne traggano un guadagno personale, oltre a voler raccogliere quanto più capitale possibile per la società.

Ken Fisher, fondatore, Presidente Esecutivo e Co-direttore degli Investimenti di Fisher Investments, ne ha discusso in dettaglio nel suo libro The Wall Street Waltz, pubblicato nel 1987.  Prima di un’IPO, le società pagano le banche d’investimento per suscitare interesse nell’operazione e attrarre compratori. L’interesse nei confronti dell’azienda può aumentarne il valore agli occhi dei potenziali investitori, allettandoli con la prospettiva di rendimenti sostanziosi. Il chiacchierio attorno all’IPO può spingere gli investitori a focalizzarsi su un futuro remoto ipotetico ed entusiasmante (ad esempio ispirato da una nuova tecnologia o da sviluppi innovativi), trascurando i problemi a breve termine (ad esempio l’assenza di segnali di redditività). Inoltre, l’entusiasmo attorno a un’IPO può indurre negli investitori un fenomeno comportamentale definito come “FOMO” (fear of missing out, o la paura di perdere un’opportunità), e la frenesia di esserci fin dall'inizio può spingere i compratori a concentrarsi sul successo di precedenti quotazioni in borsa, ignorando il maggior numero di IPO con esiti meno brillanti.

In base alla nostra esperienza, le azioni di nuova quotazione possono beneficiare di un forte rialzo a breve termine sostenuto dal sentiment ottimista, ma questa performance non è necessariamente destinata a durare. Un’analisi condotta dalla pubblicazione finanziaria Bloomberg  ha rilevato che, al 19 dicembre, solamente la metà circa delle oltre 550 società entrate in borsa lo scorso anno in Europa aveva guadagnato terreno rispetto al prezzo di offerta.  Inoltre, dei 10 titoli dell’indice Stoxx Europe 600 che hanno subito le maggiori perdite nel 2021 (al 19 dicembre), la metà erano azioni di recente quotazione.  A nostro avviso, questi esempi illustrano che non sempre le IPO si rivelano all’altezza dell’entusiasmo suscitato, e che i titoli di nuova quotazione non si collocano automaticamente tra i leader di mercato. Sebbene alcuni titoli azionari possano beneficiare di rendimenti positivi nella fase immediatamente successiva all’IPO, cercare di individuare queste singole società vincenti nella speranza di ottenere rendimenti sostanziosi in poco tempo non è né facile né fattibile come strategia di investimento.

Un motivo importante, secondo Fisher Investments Italia, è che il clamore e il sentiment attorno all’IPO possono giocare un ruolo chiave nei rendimenti a breve termine delle azioni di nuova quotazione. Stando alla nostra ricerca, il sentiment è volubile, e ciò che entusiasma gli investitori oggi potrebbe cambiare rapidamente. Tuttavia, su un periodo di tempo più lungo, l’andamento dei titoli azionari tende a essere influenzato non tanto dagli umori quanto dai fondamentali aziendali, come le capacità del management, la solidità del bilancio e l’accesso al credito. L’entusiasmo si esaurisce ma i fondamentali, o la loro mancanza, restano e incidono in misura preponderante sulla redditività di un’azienda, che a nostro avviso dovrebbe costituire una priorità assoluta per gli investitori. In secondo luogo, la ricerca da noi analizzata dimostra che i titoli azionari di nuova quotazione spesso segnano il passo rispetto ad altre azioni. Jay Ritter, professore di finanza presso la University of Florida, ha analizzato i rendimenti delle IPO lanciate dal 1980 al 2019, riscontrando che queste azioni accumulano un ritardo medio del -2,4% all’anno rispetto ai titoli omologhi nei primi cinque anni dal debutto in borsa (escludendo i rendimenti del primo giorno di quotazione); ciò confuta a nostro avviso l’idea che le IPO permettano di ottenere rendimenti sostanziosi facilmente e rapidamente.  

Inoltre, Fisher Investments Italia ritiene che sia complesso individuare le singole IPO vincenti, data la grande quantità di incognite. Una società di nuova quotazione può sembrare ottimamente posizionata nell’ambito di un trend d’investimento entusiasmante, ma molti fattori possono incidere sui rendimenti. Alle questioni relative alle singole società (ad esempio la capacità produttiva) si aggiungono variabili più ampie che possono pesare sul rendimento di un titolo azionario, dagli sviluppi a livello settoriale a cambiamenti del quadro regolamentare o politico. Inoltre, crediamo che i mercati azionari tendano a concentrarsi prevalentemente su un orizzonte di 3-30 mesi e che non si possa sapere cosa accadrà oltre tale periodo, compresa la possibilità che un’IPO oggetto di forte interesse deluda o meno la speranza di rendimenti sostanziosi. Di conseguenza, riteniamo che non sia opportuno basarsi su estrapolazioni riguardo all’andamento di nuove tecnologie o settori in un futuro remoto.

Il clamore dei media finanziari attorno alle IPO può indurre a ritenere che queste operazioni permettano di generare rendimenti significativi in poco tempo, il che può spingere gli investitori a focalizzarsi sul breve termine: un errore comune negli investimenti, nell’esperienza di Fisher Investments Italia. Piuttosto, pensiamo che gli investitori possano trarre vantaggio dal considerare un investimento come un’attività impegnativa e a lungo termine, anziché come un sistema per arricchirsi velocemente. 

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Il presente documento contiene le opinioni generali di Fisher Investments Europe e non deve essere considerato alla stregua di una consulenza personalizzata in materia di investimento o di natura fiscale, né tantomeno come un riflesso delle performance dei clienti. Non è possibile garantire che Fisher Investments Europe manterrà queste opinioni, che potrebbero cambiare in qualsiasi momento in base a nuove informazioni, analisi o riconsiderazioni. Nulla nel presente deve essere inteso come una raccomandazione o una previsione delle condizioni di mercato. Al contrario, è da intendersi come l’illustrazione di una tesi. Le condizioni di mercato attuali e quelle future potrebbero presentare numerose differenze rispetto a quelle qui illustrate. Inoltre, non si forniscono garanzie in merito all’esattezza delle ipotesi formulate negli esempi qui presenti.

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  “The Wall Street Waltz”, Ken Fisher, John Wiley & Sons, 2007 (pubblicato inizialmente da Contemporary Books nel 1987).
  “Forget Making Money in IPOs. They’re Europe’s Biggest Losers”, Kat Van Hoof e Swetha Gopinath, Bloomberg, 20/12/2021. Accesso tramite Independent.ie, 13/06/2022.
  Ibid.
  “Initial Public Offerings: Updated Statistics on Long-Run Returns”, Jay R. Ritter, Warrington College of Business, University of Florida, 25/05/2022.


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