Le oscillazioni del prezzo del petrolio

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Perché le violente oscillazioni del prezzo del petrolio non fanno più scalpore come una volta

Storicamente, gli economisti e gli analisti che seguiamo nella stampa finanziaria hanno attribuito una grande importanza all'influsso sull'attività economica delle oscillazioni del prezzo del petrolio. Molti sembrano pensare che forti impennate del prezzo del petrolio possano minare la spesa dei consumatori, assorbendo fondi che sarebbero spesi altrove. Peraltro, secondo molte teorie a cui abbiamo assistito negli anni, forti cali danno un impulso alla crescita dell'economia, gonfiando i portamonete dei consumatori. In base a ciò, si potrebbe prevedere che il forte crollo del petrolio dall'inizio dell'anno sia di stimolo per l'economia. Da parte nostra, invece, scorgiamo molti motivi per ritenere che ciò sia sopravvalutato, motivi che risalgono a molto prima del COVID-19. Semplicemente, a nostro parere, l'economia mondiale si è evoluta a favore di un'efficienza molto maggiore dell'energia negli anni, per cui le oscillazioni del prezzo del petrolio sono meno importanti per la crescita.  

L'influenza del petrolio è diminuita poiché l'economia mondiale è sempre più efficiente dal punto di vista energetico. Nel 1990, l'energia di un barile di petrolio generava 500,56 € del prodotto interno lordo globale (il PIL è una stima governativa della produzione economica), secondo l'Agenzia Internazionale dell'Energia.[i] Passiamo rapidamente a 25 anni dopo, e la stessa unità di energia ha fornito 1.223,10 € di PIL.[ii] Il progresso dell'Europa ha seguito una strada analoga. La stessa quantità di energia che nel 1990 aveva prodotto 862,50 € di PIL nel Regno Unito e nei 27 paesi appartenenti attualmente all'UE, nel 2015 ne ha generati 1.986,12 €.[iii] In altre parole, un barile di petrolio genera attualmente più del doppio della produzione economica rispetto a 25 anni fa. Ciò significa anche che le variazioni del prezzo hanno avuto un impatto molto minore, benché il mondo sia passato da consumare 66,7 milioni di barili di petrolio all'anno (b/d - barili giornalieri) nel 1990 a 95,0 milioni di b/d nel 2015 e più di 100 milioni di b/d nel 2019.[iv]

Questa tendenza crescente alla produttività dell'energia è in parte un'evoluzione della natura delle economie moderne. L'economia mondiale sta generalmente abbandonando i processi manifatturieri ad uso intenso di energia, anche in Cina. Nel 2000, l'attività manifatturiera rappresentava il 17% del PIL nel Regno Unito e nelle 27 nazioni attualmente appartenenti all'UE, mentre nel 2018 era scesa a meno del 14%.[v] Per gli Stati Uniti, la produzione in fabbrica è scesa dal 15% del PIL a circa l'11% nello stesso arco di tempo.[vi] Per l'Europa e gli Stati Uniti, sono tendenze di lunga data. Per esempio, nel Regno Unito e in Francia la quota manifatturiera del PIL si è pressappoco dimezzata dai livelli del 1990 a circa il 9% nel 2018.[vii] Negli Stati Uniti, la quota manifatturiera ha raggiunto il picco a più di un quarto del PIL negli anni ‘50, per poi diminuire gradualmente.[viii] Più recentemente, la Cina, che molti considerano la fabbrica del mondo, è passata dal 40% dell'industria pesante due decenni fa al 33% di due anni fa.[ix] A livello internazionale, l'attività manifatturiera nel 2017 era inferiore al 16% del PIL mondiale.[x] Al contempo, il settore dei servizi, comprese le attività digitali in rapida crescita, è ora la parte del leone della produzione economica, e richiede minore energia. Nel Regno Unito e nelle 27 nazioni attuali dell'UE, il PIL è costituito circa al 66% da servizi.[xi] Negli Stati Uniti, la quota è del 70%. Va notato che attualmente anche la maggior parte del PIL cinese è costituita al 54% da servizi.[xii] I servizi globali costituiscono circa il 65% del PIL mondiale, quattro volte più del peso dell'attività manifatturiera.[xiii]

A parte questo, la storia dimostra anche come l'ingegno umano ci consenta di trovare modi nuovi, migliori e più efficienti per utilizzare l'energia nel tempo. Consideriamo per esempio il famoso studio del 1994 del premio Nobel per l'economia, William Nordhaus, sul prezzo dell'illuminazione, dalle candele all'olio di balena fino alle lampadine moderne. Secondo la sua analisi, il costo dell'illuminazione è sceso dal 1800 di un fattore pari a 100.000. Inoltre, continua a scendere con l'arrivo e la diffusione di diodi per l'emissione luminosa ad alta efficienza (LED), che hanno sostituito quasi completamente le lampadine nell'ultimo decennio. Quella che una volta era una quota di rilievo dei bilanci domestici adesso è solo una piccola fetta. Così come per l'illuminazione, il calo dei costi dell'energia consente una maggiore attività economica in altre aree.

Riteniamo che un progresso costante nell'efficienza energetica cambia l'equazione economica. Una volta le impennate dei prezzi del petrolio potevano essere pesanti, con dislocazioni economiche, come durante l'embargo del petrolio arabo negli anni ‘70, considerando le difficoltà con cui i bilanci familiari limitati dovevano adeguarsi ad aumenti dei costi. Secondo noi, però, quest'argomento è stato sempre leggermente sopravvalutato. Per l'economia complessiva, il petrolio e i suoi sottoprodotti sono comunque una spesa. Tuttavia, le spese personali, per trasporti, riscaldamento o qualsiasi altra cosa, costituiscono comunque un reddito per un'altra persona, che può essere quindi utilizzato per spese successive e investimenti. Forti balzi dei costi dell'energia da sola non devono necessariamente limitare l'attività economica generale. Per quanto dirompenti siano state storicamente le ripide impennate, ci sembra tuttavia che una diminuzione progressiva della dipendenza dal petrolio nel corso dei decenni significhi che il loro impatto è attualmente molto minore.

Lo stesso vale, a nostro parere, per la capacità dei bassi prezzi del petrolio di stimolare la spesa. Pertanto, il recente scivolone dei prezzi del petrolio, da quasi 68 dollari/barile all'inizio del 2020 ad appena 9 dollari ad aprile, non ci sembra un elemento estremamente favorevole per l'economia. Le pubblicazioni finanziarie che leggiamo potrebbero normalmente sbandierare questo crollo come un importante vantaggio per le tasche dei consumatori, sostenendo che la gente dovrebbe beneficiare di maggiori possibilità di spesa discrezionale. Quasi tutti sembrano, tuttavia, riconoscere che i prezzi bassi del petrolio non aiutano quando i viaggi e gli spostamenti di lavoro sono limitati. Più in generale, comunque, il consumo dell'energia non è una quota importante della spesa complessiva delle famiglie o del PIL generale, e questa quota è in calo. Per gli stessi motivi, prezzi del petrolio elevati non dovrebbero distruggere la domanda a livelli importanti, così come probabilmente prezzi bassi non danno una spinta.

Quindi anche quando il mondo sarà tornato alla normalità, riteniamo che probabilmente i giorni in cui forti oscillazioni dei prezzi del petrolio potevano provocare oscillazioni importanti dell'economia sono passati. Riteniamo che siano prevalentemente svaniti con l'apogeo dell'era industriale.

 

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[i] Fonte: International Energy Agency, dati al 4/05/2020. PIL per unità di energia utilizzata (parità del potere di acquisto in dollari statunitensi per chilo di equivalente di petrolio convertito in euro), 1990-2015. Convertito in barili di petrolio in base a 159 kg per barile.

 


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