I rischi non caratterizzano solo le azioni

Di Fisher Investments Italia

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In base alla nostra esperienza, molti investitori affrontano la scelta dei titoli basandosi su un criterio bizzarro, come le percezioni di sicurezza dal rischio. Abbiamo riscontrato la seguente ipotesi comune in questo senso: le azioni sono rischiose perché i loro prezzi tendono a subire oscillazioni, a volte molto grandi, nel breve termine. Spesso gli investitori presumono che le obbligazioni siano sicure perché i loro prezzi sono generalmente soggetti a meno cambiamenti. Pur essendo vero che le azioni sono più volatili rispetto ai titoli a reddito fisso, nel breve termine, pensiamo che associare i termini “volatilità e “rischi” sia un errore. Tutti gli investimenti comportano rischi: diversi titoli semplicemente presentano più tipi di rischi diversi. Pensiamo inoltre che gli investitori obbligazionari si fissino sulla volatilità e non pensino ai rischi dei titoli di debito. In quest’articolo, parleremo di uno di questi rischi: il rischio d'insolvenza, ossia la possibilità che il debitore non versi il capitale o gli interessi dovuti.

Per prima cosa, occorre capire che non tutti i titoli a interesse fisso sono uguali. Il debito comporta sempre un rischio d’insolvenza, sia che sia emesso da un governo federale che da un’autorità locale, una società, un ente sovranazionale o altro. Ciò che varia è il livello di rischio d'insolvenza. Il debito sovrano, come quello dei principali paesi della zona euro (come le francesi Obligations Assimilables du Tresor, i bund tedeschi, i buoni del tesoro poliennali (BTP) italiani, il debito sovrano spagnolo, i gilt britannici, le Treasury statunitensi, i titoli di stato canadesi e gli strumenti di debito di altre nazioni del mondo sviluppato) tendono ad avere rischi d’insolvenza alquanto contenuti. Per questo motivo i titoli di questi governi tendono a versare tassi d’interesse relativamente bassi e a subire meno fluttuazioni nel prezzo rispetto a quanto potrebbero subire altri titoli a interesse fisso. Poiché il rischio d’insolvenza è inferiore rispetto ad altri titoli di debito, gli investitori richiedono un premio inferiore per il loro possesso. Allo stesso modo, poiché sono emessi da governi relativamente stabili, il loro prezzo non oscilla come quello delle azioni.

Tuttavia, ciò non vale per tutto il debito sovrano. Sono ad esempio in pochi a considerare il debito greco alla stregua di quello tedesco, anche se entrambi sono denominati in euro. La storia di inadempienza della Grecia e le sue inaffidabili finanze pubbliche (dal 2010 il paese riceve aiuti finanziari da fondi provenienti da operazioni di salvataggio del Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea e Banca Centrale Europea) si traducono in un rischio d’insolvenza molto più elevato. Lo stesso vale per i mercati emergenti come l’Argentina e, recentemente, la Turchia. Per questo motivo, questi paesi devono versare interessi più elevati per attirare gli investitori. A fine luglio, i tassi d’interesse del debito sovrano turco a dieci anni erano al livello record del 18,1%,[i] i rendimenti del titolo decennale greco erano al 3,9%.[ii] Al contrario, i rendimenti dei decennali tedeschi e francesi si trovavano rispettivamente allo 0,4% e allo 0,7%, alla chiusura di luglio.[iii] Seppure i tassi d’interesse possano essere influenzati anche da altri fattori come inflazione e politica monetaria, uno dei principali elementi di differenziazione è il più alto rischio d’insolvenza percepito sul debito turco e su quello greco. Ciò ci sembra particolarmente vero per la situazione turca di quest’estate, considerando il fatto che la sua economia sta subendo grandi problemi legati ad eventi politici che sembravano aver portato ad un drastico calo nel valore della lira turca rispetto ad altre valute.

In modo simile, il debito corporate tende ad essere caratterizzato da tassi d’interesse più elevati legati in gran parte all’alto rischio d’insolvenza delle aziende. E il debito corporate high-yield (noto anche come “junk”,  spazzatura) presenta tassi d’interesse molto alti e una volatilità simile a quella delle azioni, perché le emissioni comportano un rischio d’insolvenza ancora più elevato, il che spiega perché spesso sono chiamati “junk”).

Pensiamo che questo concetto sia fondamentale per comprendere se siete investitori a interesse fisso! Non pensate che reddito fisso faccia rima con sicurezza. Secondo noi è essenziale soppesare ciò che vi dicono i mercati sulla loro percezione della capacità degli emittenti di ripagare. Come? Osservate i rendimenti correnti, calcolati dividendo i pagamenti annui d'interesse per il prezzo attuale del titolo.

Ecco un esempio ipotetico di come calcolare il rendimento corrente e come utilizzare queste informazioni. Ipotizziamo che possiate acquistare un titolo di debito corporate con un tasso d’interesse dichiarato (cedola) del 4% e un capitale originale di 1.000 €. Chiamato a volte “valore nominale”, quest’importo di 1.000 € rappresenta ciò che un investitore obbligazionario si può aspettare di vedersi restituire dal prestatario alla scadenza del titolo. Quindi, un reddito annuo da interessi di 40 € a titolo (4% di 1.000 €). Ora, immaginiamo che questo titolo ipotetico si scambi sul mercato a 1.050 €. Per arrivare al rendimento corrente, basta dividere 40 € per 1.050 € (il prezzo che dovrete pagare per acquistarlo) per arrivare a 3,81%. Il fatto che dobbiate pagare più di quanto riceverete quando il titolo vi rende il capitale investito abbassa il livello di rendimento che ricevereste rispetto al tasso d’interesse dichiarato del titolo.

Dotati di queste informazioni, potete confrontare i tassi rispetto al debito sovrano tradizionale. Il debito corporate di media qualità della zona euro (i titoli classificati BBB dalla principale agenzia di rating Fitch o Baa2 da Moody’s) hanno reso l’1,4% a fine luglio.[iv] Quindi, il rendimento del nostro ipotetico titolo suggerisce un rischio di insolvenza lievemente superiore rispetto al mercato generale. Se trovate un titolo a interesse fisso che versa un interesse decisamente al di sopra dei rendimenti denominati nella stessa valuta ed emessi da emittenti simili (aziende, governi, ecc.), potrebbe non essere necessariamente una caratteristica allettante, ma potrebbe indicare un rischio d’insolvenza più elevato. Se vi sono sufficienti scambi sul titolo, siamo del parere che i mercati siano molto efficienti nel rispecchiare opinioni più che diffuse di rischio d’insolvenza.

La diversificazione è un modo utile di tutelarsi contro il rischio d’insolvenza. Per esperienza, gli investitori obbligazionari molto spesso si concentrano sull’acquisto di grandi blocchi di titoli di debito (lo stesso titolo o diversi titoli dello stesso emittente). Pensiamo che suddividere sia importante, per emittente, per tipo di titolo e molto altro. Siamo dell’opinione che così facendo potrete tenere conto di questo rischio spesso trascurato.

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[i] Fonte: FactSet, al 17/08/2018. Rendimento dei titoli di stato turchi a 10 anni al 31/7/2018.

[ii] Fonte: FactSet, al 17/08/2018. Rendimento dei titoli di stato greci a 10 anni al 31/07/2018.

[iii] Fonte: FactSet, al 17/08/2018. Rendimento dei titoli di stato tedeschi e francesi a 10 anni al 31/07/2018.

[iv] Fonte: FactSet, al 17/08/2018. Rendimento dell’indice ICE BofA Merrill Lynch Euro Corporate BBB al 31/7/2018.


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