I grandi mercati orso

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Perché nemmeno i grandi mercati orso deviano del tutto gli investitori dai loro obiettivi d’investimento

I mercati azionari mondiali hanno segnato picchi record per tutto l’autunno, prolungando questo mercato toro durato 10 anni e mezzo.[i] Nelle nostre interazioni con gli investitori notiamo che più un mercato toro invecchia, più comune diventa per gli investitori provare un senso di vertigine. Il mercato azionario orso del 2007–2009 è stato uno dei più profondi e più lunghi della storia e siamo quasi certi che nessuno voglia riviverlo. In effetti, a volte si ha la sensazione che affrontare anche solo a un pesante mercato orso basti a perdere per sempre i propri obiettivi finanziari a lungo termine. Eppure, la storia dei rendimenti dei mercati azionari mostra che non è così. Vivere mercati orso può essere molto doloroso e pensiamo che minimizzare alcuni dei cali, se possibile, possa essere vantaggioso. Storicamente, però, i mercati toro hanno sempre seguito i mercati orso. Riteniamo che, a condizione che restiate investiti in momenti felici e infelici, resistere ai colpi di un mercato orso non debba essere una battuta d’arresto permanente.

Poiché l’S&P 500 americano ha la serie di dati affidabili più lunga, la consideriamo una base utile per capire a fondo questo concetto. Anche se le fluttuazioni valutarie porterebbero i rendimenti degli investitori europei in azioni americane a deviare dai loro rendimenti in dollari USA, secondo noi le lezioni illustrate da questa lunga storia sono universali.

Dall’inizio della serie storica di dati nel 1925, l’S&P 500 ha registrato 13 mercati orso, tra cui i due mercati orso comunemente riuniti sotto la Grande depressione, oltre all’implosione della bolla tecnologica nel 2000, la crisi finanziaria del 2008 e diversi altri. La durata media di questi mercati orso è stata di 21 mesi, con una declino medio dai massimi del -40%.[ii] Un calo decisamente doloroso. Eppure, in quel periodo si sono registrati anche 13 mercati toro completi, ad esclusione di quello attuale. In media, i mercati toro sono durati 57 mesi, con un guadagno tipico del 164%.[iii] Nella maggior parte dei casi il rendimento del mercato toro è stato abbastanza significativo da cancellare le perdite del mercato orso che l’aveva preceduto.

A fine ottobre gli opinionisti finanziari hanno festeggiato il 90° anniversario del crollo di Wall Street del 1929, considerato da molti come l’inizio della Grande depressione. La maggior parte degli articoli citava il fatto che ai mercati statunitensi fossero serviti 25 anni per tornare ai livelli precedenti a tale evento. Questo dato si basa unicamente sui rendimenti dei prezzi dell’indice, che non comprendono i dividendi, ma, pur comprendendo i dividendi reinvestiti, ci sarebbero voluti 15 anni per una ripresa completa. Questa lunga attesa è stata quindi l’eccezione, non la regola. Soffermarsi sull’attesa, a nostro parere, significa perdere di vista il quadro generale. Un nuovo mercato toro è iniziato a metà 1932 e le azioni statunitensi erano oltre a metà della ripresa verso il picco precedente a inizio 1937.[iv] Poi, però, la Federal Reserve ha irrigidito drasticamente la politica monetaria, togliendo liquidità al sistema bancario e aprendo la strada ad un’altra recessione e, a nostro avviso, a un mercato orso. L’annessione del territorio ceco da parte dei nazisti l’anno successivo, che pensiamo abbia costretto i mercati a fare i conti con le brame territoriali di Hitler e con la probabilità sempre maggiore di una diffusione del conflitto, ha fatto affondare ulteriormente i mercati. Le azioni non si sono più riprese fino al 1942. Tutto sommato, si è trattato di una serie sorprendente di eventi, che difficilmente si riproporrà oggi.

Il resto della storia è stato più benigno per gli investitori. La durata media da un picco di mercato al punto di rottura (compresa la Grande depressione) è stata di soli 5,6 anni.[v] In un periodo di vuoto, può sembrare un tempo lunghissimo, ma se si investe per la pensione, 5,6 anni potrebbero essere un periodo breve rispetto al vostro orizzonte temporale di investimento, che è l’intero periodo in cui i vostri attivi devono servire a portarvi a raggiungere i vostri obiettivi. Stando alle attuali aspettative di vita europee, un investitore che si avvicina alla pensione oggi ha bisogno che i suoi asset lavorino per lui almeno per i prossimi 20 anni, ovvero per un periodo sufficiente a vedere, potenzialmente, altri due mercati orso e toro.[vi] A condizione che continuiate a partecipare ai mercati toro e ai mercati orso, con un orizzonte temporale d’investimento abbastanza lungo, pensiamo che la storia indichi chiaramente che dovreste essere in grado di raccogliere i frutti nel lungo termine dell’investimento azionario.

Naturalmente, ciò che è giusto per voi dipenderà dalle vostre specifiche circostanze, ovvero i vostri obiettivi d’investimento a lungo termine, le vostre esigenze di liquidità, il vostro orizzonte temporale d’investimento e la vostra tolleranza al rischio. Se il vostro orizzonte temporale di investimento è breve, ovvero se avete bisogno di utilizzare il vostro denaro nei prossimi anni, il rischio di un mercato orso potrebbe essere troppo grande da sopportare e investire in qualcosa di diverso dalle azioni potrebbe essere più saggio. Se anche solo l’idea di dover sopportare un mercato orso vi manda in tilt, allora forse le azioni non sono la scelta giusta per voi, poiché nessuna società può promettervi di riuscire ad evitare tutti i mercati ribassisti. Tuttavia, se avete davanti a voi 20, 30 o più anni e una pensione da finanziare, potete stare certi che, anche se vivrete il prossimo mercato orso, questo non significa mettere automaticamente a rischio il vostro futuro finanziario. 

 

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[i] Fonte: FactSet, al 13/11/2019. Dichiarazione basata sui rendimenti dell’indice MSCI World con dividendi netti.

[ii] Fonte: FactSet, al 30/06/2017. Dichiarazione basata sui rendimenti dei prezzi dell’indice S&P 500 in USD, 06/09/1929-09/03/2009. Le eventuali fluttuazioni di cambio tra dollaro ed euro possono portare a rendimenti superiori o inferiori.

[iii] Ibid.

[iv] Fonte: FactSet, al 30/06/2017. Dichiarazione basata sui rendimenti dei prezzi dell’indice S&P 500 in USD, 01/06/1932-06/03/1937. Le eventuali fluttuazioni di cambio tra dollaro ed euro possono portare a rendimenti superiori o inferiori.

[v] Fonte: FactSet, al 30/06/2017. Dichiarazione basata sui rendimenti dei prezzi dell’indice S&P 500 in USD, 06/09/1929-31/12/2013. Le eventuali fluttuazioni di cambio tra dollaro ed euro possono portare a rendimenti superiori o inferiori.

[vi] Fonte: Eurostat, al 13/11/2019.


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