Deodato.Gallery, l’arte debutta a Piazza Affari

Il fondatore Deodato Salafia ci racconta modello di business e ambizioni dell’operatore internazionale dell’arte contemporanea



26 Apr 2023 - 18:00


“Deodato.Gallery nasce soprattutto dalla mia passione per l’arte, prima un hobby, come quando vendetti la mia prima opera d’arte 22 anni fa; poi un impegno lavorativo che ha comportato molte sfide, ma ci ha portato con successo alla creazione di un modello unico nel panorama italiano. 
Nati nel 2015, oggi contiamo 14 gallerie, tra Italia, Belgio e Svizzera cui in prospettiva si aggiungerà Miami. Abbiamo 11 dipendenti e 2 sedi operative nel comune di Stresa e in quello di Varese. Abbiamo sul nostro sito e-commerce più di 3 mila opere d’arte moderna e contemporanea, con una specializzazione nella street art, come quella di Banksy per intenderci, e nella pop art (per esempio Andy Warhol). 
Abbiamo il patrimonio di una mailing list di 71.412 contatti, con oltre 2 mila visite giornaliere ai siti internet e asset tecnologici essenziali per la nostra proposta di valore. 
Con questi strumenti sfidiamo i tanti gap del mercato italiano che ha ancora molti guadi da attraversare”. 
Deodato Salafia, fondatore, azionista e amministratore delegato di Deodato.Gallery ha una laurea in informatica e una in teologia che hanno plasmato in maniera straordinariamente moderna il suo approccio a un mercato dell’arte che, con la sua società, ha debuttato a Piazza Affari lo scorso gennaio.
Quali sono i guadi che il mercato italiano dell’arte deve ancora superare?
“Le gallerie italiane, anche grandi operatori con fatturati importanti, sono sottocapitalizzate e quindi poco attraenti per il mercato dei capitali che cerca realtà più strutturate. La mancanza di patrimonializzazione poi influisce anche sul peso specifico del settore nei tavoli istituzionali, dove le associazioni di categoria non riescono a ottenere quello che potrebbero se riuscissero a dimostrare di credere davvero nel proprio business. Noi abbiamo un ebitda margin prossimo al 21%, il migliore tra i nostri peer, perché adottiamo un approccio che potrebbe, se generalizzato, rilanciare l’intero settore”.
Quale?
“Siamo un business scalabile e strutturato. Abbiamo creato un format che ci permette di replicare il modello della nostra galleria a basso costo su scala nazionale e internazionale. Soprattutto abbiamo sviluppato dei modelli evoluti di marketing che non subiscono il gap tecnologico che affligge il nostro settore, ma anzi impiegano le risorse dell’era digitale nell’ottica di una maggiore creazione di valore. 
In questo mi ha aiutato senz’altro la mia formazione accademica e ammetto che molte gallerie non hanno le risorse per sviluppare sistemi IT avanzati, tuttavia questo è chiaramente un vantaggio competitivo importante. 
Abbiamo sistemi di inbound marketing avanzati, il CRM (Customer Relationship Management) registrato ART-ERP che ci ha permesso di ottenere la qualifica di PMI innovativa e che abbiamo integrato con le procedure di magazzino, anche tramite un censimento di oltre 10 mila operare con QRCODE”. 
Ma in pratica vendete di più in galleria o via internet?
“Il nostro è un sistema integrato, i contatti via mail illustrano le novità, gli eventi, le proposte, i nostri canali social (Istagram soprattutto) stimolano l’engagement, c’è poi il telefono, il confronto diretto e ovviamente la mostra, la fiera dell’arte, l’asta e così via. 
In realtà se togliessimo il canale internet perderemmo l’80% del fatturato, ma perderemmo altrettanto se tagliassimo il canale fisico. Siamo un modello pienamente multicanale e anzi ci stiamo espandendo anche nel B2B e con una rete in franchising. Supportiamo le vendite anche con il periodico “Deodato Arte Magazine” con una tiratura di 4 mila copie che racconta ai nostri clienti quel che percepiamo, le novità. 
Non si tratta però di un rapporto unidirezionale, anzi. I nostri canali digitali sono anche le nostre antenne sulle nuove tendenze, sull’evoluzione della domanda, del mercato, del gusto. In quest’ottica “data-driven” ovviamente le nostre competenze in ambito copywriting, SEO e brand positioning sono un ulteriore importante asset aziendale”.

Come mai la decisione di quotarsi in Borsa? Cosa farà Deodato.Gallery dei 2,2 milioni di euro raccolti per il 13,72% del capitale?
“La decisione di quotarci nasce innanzitutto dalla volontà di ottenere ancora più autorevolezza e trasparenza. Due virtù essenziali nel nostro settore e nel rapporto di fiducia necessario con tutti gli stakeholder. 
Per questo abbiamo deciso di ricorrere al mercato fornendo importanti garanzie agli investitori. Per esempio abbiamo varato un’operazione di quotazione tutta in aumento di capitale e abbiamo siglato clausola di lock-up a 24 mesi. 
Strutturarci ulteriormente per rispettare la compliance di una società quotata non è stato troppo difficile, anche se ovviamente ci siamo giovati delle consulenze e del supporto di chi ci ha aiutato in questo percorso. 
Cosa faremo delle nuove risorse? Ci serviranno per crescere ancora. 
Innanzitutto potenzieremo la nostra offerta con contratti con nuovi artisti di valore. Per noi è più facile trovare un buon cliente che un buon artista e quindi su questo fronte intendiamo consolidarci ulteriormente. 
Altre risorse andranno invece in tecnologie, nel web.3 delle blockchain, nel Metaverso, nelle nuove prospettive digitali che per noi sono processi industriali, ma anche prospettive di business. Crediamo infatti che l’arte del futuro sarà digitale e che in quella direzione, dopo le prime fiammate effimere degli NFT, si troveranno nuove storie da raccontare e opportunità. 
Infine investiremo anche in acquisizioni mirate a supporto del nostro processo di internazionalizzazione. Oggi circa il 15% del nostro fatturato viene dall’estero, ma intendiamo penetrare nuovi mercati, grazie anche al vantaggio competitivo del nostro modello di business scalabile”.
Come vedete il futuro? Fra inflazione ed erosione del potere di acquisto, guerra e strette monetarie, le sfide dell’economia non mancano…
“Voglio fare una precisazione. Il mercato dell’arte è spesso considerato alla stregua di un mercato di beni di investimento. È vero, nel lungo periodo si può anche guadagnare molto da un’opera, ma il motore primo dell’acquisto dev’essere altro. Il gusto, il piacere dell’opera in sé. Nella mia esperienza, solo chi ama davvero l’opera che compra, riesce in seguito a valorizzarla davvero se decide di venderla. 
Questo può spiegare in parte il carattere anticiclico del mercato dell’arte e anche l’approccio di investimento di lungo periodo se proprio si vuole ridurre un’opera a un bene di investimento. Detto questo i nostri numeri ci confortano. 
Abbiamo registrato vendite da 4,76 milioni nel primo semestre del 2022 e da 5,88 mln nell’intero 2021, siamo abituati a tassi di crescita importanti da anni e, siamo riusciti a crescere, anche se in maniera ovviamente ridotta, anche durante la pandemia. 
Ora vediamo segnali positivi dal mercato e siamo convinti che riusciremo a realizzare il nostro piano di crescita. Con la cautela dettata dalla prudenza e dall’esperienza, manteniamo dunque un certo ottimismo per il futuro”.


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