La Shareholder Rights manda segnali ESG

Le modifiche alla direttiva europea vanno nella direzione di maggiori poteri ai soci sulle retribuzioni, ma anche di una più estesa trasparenza degli istituzionali verso i propri sottoscrittori.



Forum per la Finanza Sostenibile, 24 Mar 2017 - 17:00

Il parlamento di Strasburgo rafforza i poteri degli azionisti delle società quotate in Europa. E chiama a un maggiore impegno gli investitori istituzionali in termini di trasparenza e coinvolgimento verso i propri sottoscrittori o pensionati. Sono i due messaggi forti, in chiave ESG, che arrivano dal voto dell’aula di Strasburgo alla modifica della Shareholder Rights Directive.

IL VOTO SULLE REMUNERAZIONI

Tra gli aspetti più eclatanti, le decisioni in termini di remunerazioni. I 28 Paesi membri dell’Ue avranno 18 mesi per adeguarsi, ma il «say on pay» in Europa è ufficialmente legge. Gli azionisti delle società quotate avranno cioè voce in capitolo sulla remunerazione degli amministratori. Nello specifico, nelle società quotate gli azionisti avranno il potere di votare sulla politica aziendale dei compensi. In questo modo, la retribuzione potrà essere legata in modo più stretto ai risultati a lungo termine. «Dal 2008 in avanti - ha spiegato il deputato relatore del provvedimento in Parlamento, Sergio Cofferati - molte aziende sono state gestite in modo da avere un ritorno solo nel breve termine. Un approccio a cui è corrisposta una politica miope sul fronte della governance: retribuzioni altissime e pochi vantaggi per le comunità. Un approccio che l’Europa si propone adesso di rovesciare». Secondo la Commissione europea, solo tredici stati membri attualmente permettono agli azionisti di avere voce in capitolo in tema di retribuzione degli amministratori di società quotate, quindici prevedono obblighi di disclosure sulle politiche di remunerazione dei direttori, ma solo in undici Paesi è obbligatorio per le società quotate rendere nota la retribuzione di ogni singolo amministratore.

GLI IMPEGNI DEGLI ISTITUZIONALI

Uno degli elementi chiave della direttiva riguarda i comportamenti degli investitori istituzionali. «L'esperienza degli ultimi anni – si legge nelle considerazioni che accompagnano le modifiche alla direttiva - ha dimostrato che spesso gli investitori istituzionali e i gestori di attivi non si impegnano nelle società di cui detengono le azioni». Non solo. Oltre alla mancanza di impegno, viene anche imputata a gestori, assicurazioni e fondi pensione una scarsa trasparenza. «Gli investitori istituzionali e i gestori di attivi – recitano le considerazioni - spesso non sono trasparenti per quanto riguarda le loro strategie di investimento, la loro politica di impegno e la relativa attuazione. La comunicazione al pubblico di tali informazioni potrebbe influire positivamente sulla consapevolezza degli investitori, consentire ai beneficiari finali, quali i futuri pensionati, di ottimizzare le decisioni di investimento, facilitare il dialogo tra le società e i loro azionisti, promuovere l'impegno degli azionisti e rafforzare l'obbligo di rendere conto ai portatori di interesse e alla società civile».

A tale scopo Strasburgo ha votato l’introduzione di una serie di norme (Capo I ter; Articolo 3 octies) sui nuovi requisiti di trasparenza per investitori istituzionali e asset manager. In sostanza, dovranno «sviluppare e comunicare al pubblico una politica di impegno che descriva le modalità con cui integrano l'impegno degli azionisti nella loro strategia di investimento. La politica descrive le modalità con cui monitorano le società partecipate su questioni rilevanti, compresi la strategia, i risultati finanziari e non finanziari nonché i rischi, la struttura del capitale, l'impatto sociale e ambientale e il governo societario, dialogano con le società partecipate, esercitano i diritti di voto e altri diritti connessi alle azioni». In generale dovranno rendere partecipative le strategie di investimento seguite, o rendere conto del perché non lo fanno. «In questo modo questi soggetti saranno incoraggiati a dare maggiore ascolto agli investitori e considerare anche aspetti ambientali, sociali e di governance per la scelta delle aziende target», ha spiegato la commissaria per la giustizia e la tutela dei consumatori Věra Jourová.

Queste misure, per il relatore Cofferati, si inseriscono in un «processo che vuole produrre norme capaci di portare a comportamenti virtuosi da parte delle società quotate. Lo scopo è avere nelle aziende una gestione improntata a ritorni positivi e di lungo periodo, sia per l’impresa sia per gli stakeholder».

A cura di ETicaNews

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