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COMUNICATO STAMPA

 

Investitori retail e Borsa:

I Risultati di un'indagine presso i risparmiatori italiani

Massimo Capuano, Amministratore Delegato di Borsa Italiana: "Il retail è una ricchezza del nostro mercato che Borsa Italiana intende sviluppare con servizi, prodotti ed education, impegnandosi in un'azione di crescita della cultura dei mercati dell'equity. La partecipazione del retail al mercato borsistico, sia in forma diretta che indiretta, deve essere sempre più una partecipazione stabile alle compagini azionarie delle società che costituiscono il tessuto produttivo italiano".

A partire dal 1999 la partecipazione degli investitori retail ai mercati di Borsa è divenuto un fenomeno di dimensioni consistenti. I comportamenti dei risparmiatori si sono modificati e l'attitudine a detenere investimenti azionari in portafoglio si è andata consolidando e sembra essere divenuta permanente.

Un'analisi di Borsa Italiana quantifica come il peso relativo delle azioni italiane quotate detenute in modo diretto dalle famiglie italiane sia quadruplicato nel periodo 1995-2000, passando dal 2% all'8% del totale delle attività finanziarie.

A fine 2000, gli investitori retail italiani detengono direttamente un quarto dell'intera capitalizzazione di Borsa che supera il 35% considerando anche la partecipazione indiretta attraverso i fondi comuni di investimento e altri investitori istituzionali.

La novità dell'indagine di Borsa Italiana è quella di prendere in considerazione la popolazione degli investitori in azioni italiane quotate e, in seconda battuta, in strumenti derivati azionari.

La survey descrive le caratteristiche socio-demografiche di queste tipologie di investitori, ne valuta i comportamenti di allocazione del risparmio e la struttura del portafoglio, individua le motivazioni dell'investimento in azioni, la tipologia di intermediari utilizzati nonché i canali di formazione ed informazione consultati.

Il profilo dell'investitore

Coloro che hanno negoziato nel corso degli ultimi due anni azioni italiane quotate sono soprattutto maschi (65,3%) e residenti nel Nord Ovest (44,1%). Il 57,0% ha un'età compresa tra i 30 e i 50 anni. Le professioni più diffuse sono imprenditore/libero professionista (22,0% rispetto al 4,0% della popolazione) e impiegato (24,9% rispetto al 14,7% della popolazione). Il 29,2% è laureato, il 53,4% ha un diploma di scuola media superiore. La situazione economica della famiglia è percepita dall'investitore come solida (l'83,2% riesce a risparmiare) e il 47,6% si attende un miglioramento. L'intervistato si definisce prevalentemente un investitore di tipo "moderatamente conservatore" (43,6%) o "moderatamente aggressivo" (37,1%).

L'analisi cluster applicata al campione individua tre principali tipologie di investitori in azioni che ripartiscono in modo pressoché equivalente l'intera popolazione. I tre gruppi si differenziano per il diverso grado di coinvolgimento, tanto emotivo quanto operativo, nella gestione del risparmio e negli investimenti in azioni. Il gruppo degli investitori "appassionati" (28,5% del campione) ama effettuare le transazioni in piena autonomia, senza intermediazione e operando da casa o dall'ufficio. Costoro seguono i loro investimenti regolarmente e tengono monitorato con sistematicità il mercato azionario. Il secondo gruppo, gli investitori "pragmatici" (35,8% del campione), è conscio della necessità di gestire il proprio portafoglio in modo attivo, ma vive questa opportunità più come un dovere che come un divertimento. Preferisce quindi delegare le decisioni, soprattutto finali, a persone ritenute più esperte. Nel delegare, però, si rivolge a più intermediari alla ricerca delle condizioni migliori. Il terzo gruppo, gli investitori "statici" (35,7% del campione), dichiara di non sentirsi all'altezza di decidere gli investimenti in azioni (che in ogni caso ha deciso di effettuare). Opta dunque per una delega completa nella gestione del portafoglio, solitamente rivolgendosi a un'unica istituzione e scegliendo portafogli a basso contenuto di rischio.

La composizione e la movimentazione del portafoglio azionario

Relativamente alle decisioni di portafoglio, le azioni maggiormente negoziate sono le blue-chip (menzionate dall'88,4% degli intervistati); seguono le azioni del Nuovo Mercato (31,7%) e le mid e small caps (20,8%). Le azioni italiane quotate pesano per il 32,2% in portafoglio. Questo dato indica però la presenza di un gruppo, peraltro non numeroso, che possiede un portafoglio estremamente concentrato sull'investimento azionario diretto in società italiane: circa il 10% degli intervistati detiene l'80% o più del proprio portafoglio in azioni italiane quotate. Questo effetto di concentrazione sembra tipico della detenzione di azioni italiane quotate rispetto alle altre forme di investimento.

Nel corso degli ultimi 12 mesi il portafoglio di azioni blue-chip è stato movimentato quasi 10 volte, quello di azioni del Nuovo Mercato 16, le mid e small caps 13 volte. Il minor tasso di movimentazione delle azioni blue-chip indica come è verso questa tipologia di azione che si concentrano gli investitori cosiddetti "cassettisti", tipicamente caratterizzati da un lungo orizzonte temporale nella detenzione di azioni.

Nella relazione con altri prodotti finanziari, e specificatamente con i fondi comuni azionari, le azioni italiane quotate rappresentano un prodotto autonomo. L'analisi di correlazione delle quantità detenute nel portafoglio degli investitori evidenzia come non vi sia una relazione negativa tra l'investimento in azioni e la sottoscrizione di fondi comuni azionari, ma come anzi emerga un rapporto di complementarietà.

Le motivazioni all'investimento e le azioni negoziate

L'esperienza dell'investimento in azioni inizia nel maggior numero dei casi (63,0%) oltre due anni fa e il 64,6% degli intervistati indica la privatizzazione di una società pubblica come il momento di acquisto delle azioni.

Tra le motivazioni che hanno indotto a iniziare a investire in azioni, le più citate sono: ottenere rendimenti migliori, realizzare rapidi guadagni e diversificare il proprio portafoglio. Le ragioni per le quali si continua ad investire in azioni restano per molti aspetti le stesse: si riduce però la ragione legata ai rapidi guadagni o all'imitazione degli amici. Tra coloro che, all'atto dell'intervista, non hanno più azioni italiane quotate in portafoglio (ovvero il 9% degli intervistati) il 50,8% sostiene che si tratta di un fatto temporaneo o che dipende dal mercato momentaneamente non favorevole. Solo il 17,5% (pari a meno del 2% del campione generale) dichiara di aver abbandonato definitivamente il mercato borsistico.

I canali utilizzati per la negoziazione e le fonti di informazione

L'investitore in azioni italiane quotate rivendica un'ampia autonomia decisionale e gestionale del suo portafoglio. Nel 46,3% dei casi decide autonomamente quando e come movimentare. La banca tradizionale è il principale canale di realizzazione degli investimenti (69,0%), il 22,7% degli investitori menziona i promotori finanziari mentre il 10,4% utilizza sistemi on-line forniti dagli intermediari. Il 79,2% degli intervistati effettua le proprie operazioni di persona presso la banca o negli uffici della rete di vendita.

Il canale di informazione per decidere e seguire l'investimento in azioni più utilizzato è la stampa: il 37,6% del campione cita i quotidiani economici, il 23,9% gli altri quotidiani, il 13,8% periodici economici. L'11,9% consulta siti web economico-finanziari. Il 28,2% degli intervistati si informa attraverso contatti con il personale delle banche, il 20,7% con promotori finanziari e il 18,4% con familiari e amici.

Alle diverse tipologie di investitori sono associate scelte diverse di intermediari e di modalità di informazione. Tra gli investitori "appassionati" si registra una tendenza a spersonalizzare tanto il rapporto con l'intermediario che con le modalità di informazione.

E' più elevato il numero degli intervistati che, per realizzare i propri investimenti, utilizzano il telefono (14,3%) o le connessioni Internet (16,9%). Questo gruppo di investitori manifesta un maggiore interesse per i periodici specializzati e per Internet come fonte di informazione, mentre perdono di importanza i rapporti personali con l'impiegato di banca, il promotore finanziario o il gruppo dei conoscenti.

Gli investitori in strumenti derivati azionari

Per quanto riguarda gli investitori in strumenti derivati azionari (covered warrant, futures e opzioni), il profilo socio demografico individua come si tratti soprattutto di maschi (80%), con un titolo di studio medio-alto (metà è laureato e l'altra metà ha un titolo di studio di scuola media superiore). Nel 60% dei casi hanno un'età inferiore ai 40 anni e nel 40% sono liberi professionisti. La situazione economico-finanziaria degli investitori in strumenti derivati azionari è decisamente buona: la classe sociale di appartenenza è per il 60% medio-superiore o superiore. Il livello di conoscenza dei temi finanziari è buono. Oltre a un buon livello di istruzione, il 50% dichiara di aver frequentato corsi di approfondimento su temi finanziari. La metà di questi si percepisce come "moderatamente aggressivo" e un quarto come "aggressivo".

Questa tipologia di investitore ha comportamenti di allocazione dei risparmi che, nel confronto con gli investitori in azioni, sono maggiormente volti a una più accentuata diversificazione del portafoglio a favore di attività rischiose, a un consapevole utilizzo delle potenzialità del mercato finanziario e a una maggiore diversificazione dei mercati ai quali è possibile rivolgersi. Per quanto concerne la tipologia di intermediari utilizzati per negoziare gli strumenti derivati, alla banca tradizionale si affiancano, con un'importanza equivalente, il promotore finanziario e la banca on-line. Le fonti di informazione maggiormente segnalate, tanto per gli investimenti in generale che per quelli in strumenti derivati, sono i quotidiani economici specializzati (60% degli intervistati). Anche l'utilizzo di Internet è diffuso (i siti economici specializzati sono menzionati dal 40% degli intervistati). Relativamente alle figure professionali citate come fonte informativa è di rilievo il ruolo del promotore finanziario, meno quello dell'impiegato di banca.

Dopo l'11 settembre 2001

Per verificare gli impatti sulle decisioni finanziarie degli attentati terroristici dell'11 settembre 2001, si è proceduto ad un recall di un sottoinsieme di intervistati. I risultati ottenuti sembrano indicare un elevato grado di costanza nella detenzione di azioni. Non si sono verificati significativi gradi di abbandono e il 50% degli intervistati ritiene immutata la propria attitudine nei confronti dell'investimento azionario.

 

Milano, 15 novembre 2001

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