Renmimbi

Lo yuan: la "moneta del popolo" della Repubblica Popolare Cinese



FTA Online News, Milano, 28 Ott 2011 - 19:00

Il renminbi (o yuan) è la moneta avente corso legale nella Repubblica Popolare Cinese ma non nelle Regioni Amministrative a Statuto Speciale di Hong Kong (dollaro di Hong Kong) e di Macao (pataca di Macao). La Banca Popolare Cinese emette il renminbi, che in cinese significa “moneta del popolo”.

L'abbreviazione ufficiale negli standard internazionali è CNY, tuttavia quella più utilizzata ma non conforme agli standard è RMB. L'unità base del Renminbi è lo yuan. Uno yuan è diviso in 10 jiao. Un jiao è diviso in 10 fen.

Il renminbi fu creato nel 1948 poco prima della vittoria delle forze comuniste che avvenne l’anno successivo. Con l’introduzione del renminbi il nuovo governo comunista si impegnò a fronteggiare le forti pressioni inflazionistiche, che avevano contraddistinto le fasi conclusive della gestione del paese da parte del Partito Nazionalista Cinese (Kuomintang).

Durante il periodo dell'economia pianificata furono stabiliti valori di scambio con le monete straniere e furono introdotte rigide regole di scambio. Per gran parte di quel periodo la moneta cinese è rimasta ancorata al tasso di 2,46 renminbi per dollaro statunitense. Solamente dopo il crollo del sistema di Bretton Woods lo yuan fu rivalutato fino a 1,50 renminbi per dollaro.

Negli anni ottanta, con l'apertura dell'economia cinese nei confronti dell’estero, il governo cinese decise di svalutare la propria divisa nazionale per favorire la competitività delle esportazioni cinesi, e da 1,50 renminbi per dollaro nel 1980, si arrivò al minimo storico di 8,62 renminbi per dollaro nel 1994.

Dal 1997 al 2005 il renminbi venne fissato al dollaro statunitense ad un tasso di cambio pari a 8,27 RMB per USD. Il 21 luglio 2005 la Banca Popolare Cinese decise di staccare il renminbi dal dollaro statunitense, ancorandolo, invece, a un paniere di monete internazionali, e istituendo un regime di cambio a fluttuazione controllata, in modo da permettere al tasso di cambio di fluttuare entro un margine di 0,3% rispetto al valore di riferimento.

Il tasso di cambio non completamente flessibile del renminbi è fonte di forti discussioni tra le principali autorità finanziarie mondiali. Nei principali meeting politici ed economici il governo statunitense ha richiesto più volte all’amministrazione di Pechino di rivalutare la propria divisa. I calcoli effettuati sulla base della teoria della parità dei poteri di acquisto suggeriscono, infatti, che il renminbi sia fortemente sottovalutato, creando marcati squilibri economici.

Un renminbi sottovalutato favorisce, infatti, artificialmente le esportazioni cinesi, limitando al contempo le esportazioni degli altri paesi verso la Cina. In tal modo la bilancia dei pagamenti di Pechino evidenzia dei forti surplus che hanno portato il paese ad accumulare quelle che sono di gran lunga le più ingenti riserve valutarie al mondo in termini di valore.

Tuttavia tale situazione favorisce anche gli interessi di diverse imprese dei paesi industrializzati che hanno spostato la produzione in Cina.

Le autorità cinesi sostengono che l'abbandono dell’attuale sistema di cambio avrebbe conseguenze negative sull’economia del paese, limitandone la crescita. Nonostante ciò, nel giugno del 2010, il governo cinese ha dichiarato come la propria moneta verrà graduatamene apprezzata e che sarà sottoposta ad un'oscillazione dello 0,5%.

Attualmente il cambio tra dollaro statunitense e renminbi è pari a 6,40, massimo degli ultimi 17 anni.

 


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