SEIF, cresceremo anche nel 2020
L’editore de Il Fatto Quotidiano racconta le sfide di un settore in trasformazione
FTA Online News, 28 Mag 2020 - 10:24
Nel 2009 l’editoria era già in crisi: il mercato pubblicitario dei quotidiani aveva perso il 17,5% tra il 2000 e il 2008 (Dati Nielsen), crescevano televisione e radio, ma era già all’ordine del giorno la necessità di ridisegnare l’intero modello di business alla luce delle sfide dell’online e dei cambiamenti strutturali della domanda e dell’offerta che ancora oggi “affaticano” il settore. Nel 2010 la Fieg avrebbe rivisto al ribasso delle stime sull’editoria nazionale già negative: nel 2009 i ricavi editoriali delle 57 imprese censite erano crollate dell’11,9% in un anno, scivolando sotto i 3 miliardi di euro complessivi.
In questo scenario quantomeno complesso giornalisti di fama come Marco Travaglio, Antonio Padellaro, Peter Gomez decidono di fondare un giornale. Fa parte del progetto anche Cinzia Monteverdi che già al tempo organizzava gli eventi per Marco Travaglio, dopo un passato nel marketing, e oggi è presidente, ad e azionista della Società Editoriale Il Fatto Quotidiano (SEIF). A lei chiediamo come è andata.
“Avvertivamo l’esistenza di un buco nel panorama informativo, alcuni temi che registravano una grande attenzione del pubblico non sembravano adeguatamente rappresentati. Agli eventi che organizzavo per Marco Travaglio partecipavano anche più di duemila persone alla volta, un pubblico che sembrava non trovare ancora una risposta nel panorama editoriale del tempo. Nacque così l’idea di un nuovo giornale e Marco Lillo si unì presto al gruppo dei fondatori de Il Fatto Quotidiano che decise di raccogliere le opportunità dell’anti-berlusconismo e della questione morale che il pubblico chiedeva di analizzare in nuovi modi. Nel 2010 nasceva il sito internet del quotidiano, come testata online distinta dal carteceo, e rapidamente si avviava una fase di sviluppo e diversificazione del business, con PaperFIRST, la casa editrice diretta da Marco Lillo, nata nel 2016, e il lancio del mensile FQ Millennium e di LOFT Produzioni (produzione video nel 2017). Nel frattempo la direzione del quotidiano cartaceo passava da Antonio Padellaro a Marco Travaglio, l’online era di Peter Gomez. Nel 2012 io diventai amministratrice delegata del gruppo e promossi subito la pubblicazione del quotidiano anche il lunedì (prima usciva soltanto dal martedì alla domenica), che funzionò. Il dialogo con la crescente comunità dei lettori si arricchiva con un approccio Data Driven che analizzava le attese del pubblico e orientava la linea editoriale ben salda intorno a uno statuto dai limiti ben definiti per soci e redattori. Nel frattempo continuavamo a produrre eventi e spettacoli, in tv – dove da tempo registriamo una partnership importante con il gruppo Discovery per il canale 9, sulla nostra piattaforma online...”.
Si arriva così al marzo 2019 e al debutto, dopo qualche posticipo, a Piazza Affari: come mai la decisione di aprire il capitale al mercato? E’ stato complesso adottare la compliance richiesta a una società quotata su AIM Italia? Avete raccolto circa 2,9 milioni di euro (2 al netto dei costi di quotazione) con un prezzo di collocamento postosi nella parte bassa della forchetta a 0,72 euro. La raccolta è stata inferiore a quanto ipotizzato inizialmente. Pochi mesi dopo, a luglio, vi quotate anche sul segmento Euronext Growth, con un dual listing che apre le negoziazioni dei vostri titoli a un grande mercato europeo. Come è andata?
“Abbiamo studiato a lungo il processo di quotazione, che infatti doveva avvenire prima, avevamo già avviato le procedure propedeutiche nel giugno 2018, ma poi il contesto di mercato ci ha suggerito un rinvio. Abbiamo stabilito di collocare solo una parte del pacchetto inizialmente definito, portando avanti comunque con le nostre risorse gli investimenti stabiliti. Non abbiamo voluto collocare l’intero pacchetto per non assistere a una svalutazione dell’azienda, a causa di un contesto difficile in cui molte aziende stavano decidendo di non quotarsi.
A inizio 2019 abbiamo comunque deciso di procedere e abbiamo collocato sul mercato una quota del 16,21% del nostro capitale. Abbiamo però mantenuto un pacchetto del 9,46% di azioni proprie in portafoglio: lo collocheremo sul mercato quando si riscontreranno parametri favorevoli. La quotazione ha comunque permesso di reperire risorse importanti che ci hanno consentito di portare avanti i nostri progetti di sviluppo. L’anno scorso abbiamo infatti investito ben sei milioni di euro in una trasformazione tecnologica sia di prodotto che di processo che ha coinvolto tutte le aree aziendali e abbiamo investito nella produzione televisiva. Siamo riusciti a implementare questa profonda trasformazione senza interrompere l’operatività che anzi ha raggiunto nuovi risultati di peso, come il breakeven della testata online”.
Lo scorso anno avete registrato un valore della produzione sostanzialmente stabile a 31,9 milioni di euro (-0,17%), con un calo del 62% dell'ebitda (1,24 mln), a fronte di ingenti investimenti nel processo di trasformazione digitale del Gruppo, e perdite da quasi 1,5 mln. La situazione patrimoniale resta estremamente solida con una PFN positiva per 1,14 mln (grazie anche ai 2 milioni netti raccolti con l'IPO) e un patrimonio netto da 4,14 mln. Il calo della redditività sembra interrotto nel primo trimestre del 2020: registrate un +24,18% di valore della produzione a 8,66 milioni e un balzo dell’ebitda a 341 mila euro nel periodo, contro il dato leggermente negativo del primo quarto del 2019. Come state affrontando questa fase di emergenza straordinaria dettata dalla pandemia e quali rischi o possibilità intravedete?
“In un contesto di profonda evoluzione abbiamo deciso di continuare a investire fortemente in diversificazione, innovazione e digitalizzazione, anche a scapito della marginalità dell’ultimo esercizio, perché riteniamo che nel settore editoriale potrà crescere solo chi sarà in grado di trasformarsi e stare al passo con i tempi. Puntiamo a completare entro il 2020 questo processo, per poter cogliere tutte le opportunità di marginalità nei prossimi anni. I risultati sono già visibili nell’incremento dei ricavi delle attività digitali, che hanno compensato in parte la riduzione delle vendite cartacee del quotidiano in edicola.
A marzo abbiamo raccolto risultati molto positivi: la testata Il Fatto quotidiano ha registrato una diffusione media di 45.325 copie al giorno (+5,9% a/a) con un balzo di quasi 15 punti percentuali su febbraio. Il sito ilfattoquotidiano.it ha raggiunto un record assoluto a 51.228.474 browser unici (+ 103% su marzo 2019) e 257.220.813 pagine viste (+86% su marzo 2019). Quindi siamo convinti di registrare un consolidamento della nostra posizione e una crescita che è comunque iscritta in un trend preesistente e, siamo convinti, si confermerà anche all’indomani dell’emergenza. Abbiamo un piano di investimenti anche per quest’anno che registrerà anche i benefici di quanto attuato nel 2019 con un miglioramento della redditività. La nostra trasformazione continuerà”.
C’è chi ha messo in dubbio le vostre performance sotto il profilo del posizionamento. Tutti i giornali guadagnano in genere dall’opposizione politica al governo e in effetti siete nati in un periodo in cui l’orientamento contro il governo Berlusconi della vostra linea editoriale era lampante, avete mantenuto dunque posizioni critiche sotto Monti, Renzi e Gentiloni, ma con la vittoria del Movimento Cinque Stelle alle ultime elezioni vi siete trovati inevitabilmente vicini a un partito fortemente orientato sulla questione morale (e legale). Oggi vi si legge come un quotidiano filo-governativo, anche se non propriamente di partito, ma questo potrebbe danneggiare l’appeal nei confronti dei lettori. Oltretutto il settore dell’editoria rimane in profonda crisi a livello nazionale e mondiale, come vi ponete di fronte a queste sfide?
“Dalla fondazione del Fatto Quotidiano 11 anni fa, abbiamo sempre avuto delle posizioni chiare. Abbiamo da subito rifiutato il finanziamento pubblico del giornale e disegnato uno statuto che impone dei limiti alle quote massime di partecipazione nel capitale (il 17% sfiorato solo da Padellaro e dalla stessa Monteverdi ndr), che vincola gli amministratori a requisiti di professionalità e onorabilità, richiede almeno un consigliere indipendente, anche se normalmente sono due (dopo le recenti dimissioni di Lucia Calvosa siamo già alla ricerca di un sostituto) e impone requisiti di onorabilità anche ai soci con quote superiori al 5% del capitale. La nostra linea editoriale è dunque salda e protetta su più fronti e segue il proprio percorso con coerenza indipendentemente dagli equilibri politici e di governo. Questo ovviamente non ci impedisce di crescere e apprendere dai nostri lettori con i quali ci confrontiamo continuamente e i cui orientamenti valutiamo con le tecnologie più moderne.
Quanto alle sfide generali dell’editoria, vantiamo il vantaggio dell’agilità, le nostre tirature superano le 60 mila copie al giorno e sono adeguate alla domanda del mercato, non abbiamo i costi e gli oneri di gruppi da 100 o 200 mila copie, e la crescita costante degli altri rami di business ci incoraggia a guardare con fiducia al futuro”.