Officina Stellare, le opportunità della società dei telescopi

La matricola di Piazza Affari racconta un settore in forte crescita



FTA Online News, 18 Dic 2019 - 14:50

“La new space economy è un settore che regala grandi opportunità, ma richiede competenza ed esperienza. Officina Stellare è uno dei pochi protagonisti italiani e mondiali della progettazione, realizzazione e vendita di telescopi, soprattutto ad uso professionale. Dopo precedenti esperienze io e i manager che ancora oggi la guidano l’abbiamo fondata nel 2009, e dieci anni dopo, lo scorso giugno, l’abbiamo portata a Piazza Affari”. Giovanni Dal Lago, amministratore delegato e cofondatore di Officina Stellare con Riccardo Gianni (Presidente), Gino Bucciol  (Responsabile Business Development) e Fabio Rubeo, mal cela dietro le cifre della matricola di Piazza Affari, che ebbe il suo primo contratto con la Nasa nel 2012, la passione inveterata per il proprio lavoro, l’orgoglio e la consapevolezza di essere un’eccellenza in un settore sfidante.

“Oggi i telescopi hanno applicazioni inimmaginabili fino a pochi anni fa – ci spiega – dai satelliti e dagli aerei scrutano la Terra per supportare l’agricoltura intelligente, per studiare il clima, persino per contare e valutare i movimenti delle auto nel parcheggio di un supermercato. Dalla Terra invece guardano sempre più lontano e sostengono la ricerca, l’incedere della conoscenza. Noi siamo partiti da una passione per i telescopi retail, come piccoli venditori di prodotti dalle buone performance ortomeccaniche e dal buon design, per sviluppare poi, anche grazie all’incontro con Riccardo Gianni, prodotti professionali, adottati dagli osservatori internazionali, dal network del Qatar per la ricerca dei pianeti per esempio, dai satelliti. Ci siamo evoluti con il settore, con la new space economy che nel 2017 valeva 348 miliardi di dollari, e ha registrato una rivoluzione recente con l’importante abbassamento dei costi per il lancio di un satellite in orbita. Oggi ci sono oltre 20 mila satelliti in orbita bassa che coprono il 79% circa della nuova economia dello spazio. La produzione diventa seriale, anche per abbassare i costi e ridurre l’impatto degli eventuali malfunzionamenti”.

Ma a cosa servono oggi tutti questi satelliti e telescopi?
“I satelliti sono basilari per le nostre comunicazioni e serviranno ancor di più domani, per esempio, per le vetture a guida autonoma, per lo studio del cambiamento climatico, per il controllo dei confini. Notiamo una crescita delle commesse dal settore difesa, che ha bisogno di prodotti sempre più efficienti. Intanto la ricerca, che per noi è sempre stata fondamentale perché il nostro settore prevede raramente prodotti “standard” ma anzi propone di continuo nuove sfide, ci sta spingendo a studiare la laser communication. Immagini migliaia di satelliti che comunicano in radiofrequenza le nostre telefonate, i nostri dati e così via: siamo prossimi alla saturazione, quindi perché non realizzare sistemi di comunicazione laser, che oltretutto sono da punto a punto e quindi più sicuri. Noi ci crediamo e in questo scenario il ricevente a terra cosa sarà? Un telescopio. Stiamo già ragionando anche sulla quantum communication, che potrebbe fornire soluzioni innovative per esempio per la crittografia delle comunicazioni bancarie internazionali. Ci sono poi panorami in evoluzione, il programma dell’Agenzia Spaziale Europea (Space Situational Awareness-SSA) monitora anche le migliaia di satelliti già in orbita: guasti, disattivazione, il semplice termine della vita utile possono generare incidenti a catena. In orbita bassa un semplice bullone ha la velocità di 28 mila chilometri orari e può produrre effetti devastanti su un satellite nuovo di centinaia di milioni di dollari. Serve monitoraggio, anche perché le informazioni sui satelliti effettivamente in orbita sono limitate, ogni nazione diffonde chiaramente solo quelle non riservate e questo complica lo scenario”.

officina stellare 2

Il vostro rapporto con gli investitori non è nuovo: è stato importante l’ingresso del fondo regionale Veneto Sviluppo nel 2015 che ha portato il vostro capitale sociale da 400 a 615 mila euro circa, dopo precedenti aumenti di capitale dei soci. Veneto Sviluppo proprio nel 2018 ha receduto dal suo 35% e i 605 mila euro le saranno restituiti a rate entro il settembre 2020: questo ha avuto un ruolo nella decisione di quotarsi? Noto anche che state promuovendo investimenti importanti nella produzione. Cosa farete insomma dei 5,2 milioni di euro raccolti con la quotazione? Soddisfatti dell’IPO? E’ stato difficile apprendere il linguaggio dei mercati?
“Sicuramente tutti questi fattori hanno avuto un peso, dopo il supporto importante di Veneto Sviluppo, abbiamo bisogno di nuove risorse per finanziare la nostra crescita. Oggi contiamo su un portafoglio ordini da circa 11 milioni di euro e la nostra sfida è riuscire a incrementare la produttività. Per questo abbiamo avviato il raddoppiamento della superficie del nostro impianto storico di Sarcedo, che ospita sede centrale e produzioni in 1.370 metri quadri e si è ampliata con l’acquisizione di un capannone adiacente. Con le risorse raccolte con la quotazione completeremo l’ampliamento e compreremo nuove attrezzature all’avanguardia, come sistemi di testing, la piattaforma vibrante, le macchine per la produzione di ottica di precisione, sistemi interferometrici e un simulatore spaziale. Il know how è però il nostro vero carburante e ci stiamo attrezzando con figure italiane senior del settore, cervelli di ritorno che irrobustiranno la nostra produzione. Stiamo anche investendo per una prossima apertura di una sede negli Stati Uniti.
Ai mercati ci siamo presentati con un collocamento istituzionale e la dichiarazione che sarebbero andate in aumento di capitale tutte le risorse, sarà così anche per la prima finestra dei warrant a giugno. Noi soci di riferimento abbiamo sottoscritto clausole di lock-up e inserito nel board un consigliere indipendente di grande esperienza nel settore, irrobustendo su più fronti la governance. Gli investitori ci hanno premiato e abbiamo chiuso in anticipo il book con richieste oltre 3 volte l’offerta. Il titolo già oggi tratta ben oltre il prezzo di quotazione da 6 euro e soprattutto i sei mesi di lavoro alla quotazione ci hanno permesso di strutturare al meglio l’azienda, rafforzandola e rendendola ancora più efficiente. La quotazione ci ha anche regalato uno standing competitivo nel settore, con potenziali clienti e player, oltreché con gli investitori”.

Nel 2018 il valore della produzione di Officina Stellare è balzato da 2,7 a 5 milioni di euro, l’utile netto è volato da 26 a 427 mila euro (+1542%). Nel primo semestre del 2019 il valore della produzione ha già raggiunto i 4 milioni, la posizione finanziaria è diventata positiva per 1,84 mln e quindi si è invertita la situazione di fine 2018 con PFN negativa per 2 milioni e patrimonio a 904 mila euro. Aumenta ovviamente, con i ricavi, il capitale circolante netto che assorbe risorse, ma riuscite a produrre utili: è una crescita sostenibile?
“Confermiamo il nostro obiettivo di 8 milioni di euro di valore della produzione a fine 2019, quindi con un’altra crescita importante che proseguirà in futuro. Abbiamo un libro ordini da 11 milioni di euro per cui paradossalmente il problema non è il fatturato, ma la capacità di stargli dietro con una produzione adeguata, che nel nostro settore è sempre sfidante, perché i prodotti richiedono tecnologie e precisione per definizione. Per questo nel 2020 raggiungeremo una capacità di produzione nell’ambito dei telescopi spaziali del 30% superiore a quella del 2019. Ci vogliamo concentrare sull’ottica di precisione perché, mentre nella meccanica di precisione si trovano produttori competenti anche nell’Europa dell’Est, ci sono pochissimi laboratori ottici nel mondo capaci di realizzare lenti da un metro con una precisione di 20 nanometri). Oggi l’Italia conta per meno del 10% del nostro fatturato, siamo un player globale, ma, come ho detto, il nostro vero carburante rimane il know how, la conoscenza”.

 


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