Ecco come trasportiamo la salute

Intervista a Marco Ruini, Amministratore Delegato e Vice Presidente di Bomi Italia, azienda attiva nella logistica sanitaria.



FTA Online News, 24 Mag 2017 - 12:28

La logistica sanitaria made in Italy si declina su scala globale

“I nostri servizi possono fornire un contributo rilevante all’evoluzione e all’efficientamento dei sistemi sanitari nazionali e locali. Dobbiamo però confrontarci con sfide specifiche, diverse da quelle degli altri operatori della logistica, ma che ci regalano un vantaggio competitivo importante”.

Marco Ruini, amministratore delegato e vice presidente di Bomi Italia, racconta con piacere l’attività peculiare dell’azienda di Vaprio d’Adda, fra Milano e Bergamo. La logistica sanitaria, un business nato in questo caso 30 anni fa dall’idea di unire le competenze dei due fondatori rispettivamente nella logistica e nel comparto biomedico. Da allora la società si è evoluta e ha promosso un’espansione su scala globale, raggiungendo un fatturato complessivo di oltre 100 milioni di euro nel 2016.

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Bomi Italia debutta su AIM Italia, 26/06/2015

Di cosa si occupa esattamente Bomi Italia?
“Noi offriamo servizi di logistica nel settore sanitario, trasportiamo dunque macchinari e attrezzature mediche in tutto il mondo, rifornendo ospedali e privati. Si tratta di un mestiere con caratteristiche molto specifiche, deve infatti adattarsi a richieste normative, licenze e autorizzazioni diverse in ogni contesto normativo. Se nella logistica generale si ha un indice di tolleranza dell’errore del 2-3%, per noi i criteri sono molto più stringenti, anche perché ai prodotti che veicoliamo è affidata la salute delle persone. La varietà dei prodotti specifici richiede misure peculiari: il trasporto dei grandi strumenti diagnostici in un vecchio ospedale ci può imporre lavori di carpenteria, quello di reagenti chimici impiegati nelle analisi richiede un controllo sulle temperature o l’umidità. Può anche capitare di avere dei vincoli temporali importanti: nei casi di urgenza ci può capitare di dovere recapitare in sala operatoria uno stent cardiaco specifico entro 1-2 ore dalla chiamata. Altre volte, quando riforniamo per esempio malati cronici a casa (e facciamo circa 70 mila consegne l’anno di questo tipo), dobbiamo tenere conto del fatto che il cliente magari non può alzarsi per venire giù a ritirare i prodotti e dobbiamo agire con grande cura, attenzione, affidabilità”.

Il vostro approccio ai mercati è stato graduale e per certi aspetti rappresentativo: nel 2012 siete entrati nel programma ELITE di Borsa Italiana, poi nel 2014 avete emesso un minibond da 1,5 milioni di euro e quindi nel 2015 vi siete quotati sull’AIM. Come si è sviluppato questo avvicinamento al mercato, quali vantaggi, quali sfide avete incontrato?
“Per noi è stato un percorso tutto sommato naturale, in cui ogni passaggio ci ha suggerito il successivo. L’obiettivo non è stato solo quello di ottenere risorse per finanziare la crescita, ma anche quello di acquisire gli strumenti, la cultura del mercato, il suo linguaggio. Per questo i minibond sono stati una prima palestra, con il loro piccolo prospetto, in vista della successiva sfida della quotazione. Per strada abbiamo potuto confrontarci con realtà importanti come SIMEST e SACE, che ci hanno incoraggiato e supportato. E’ cresciuta la complessità, ma guardiamo con soddisfazione alla strada fatta e meditiamo sui prossimi passi”.

Lo scacchiere in cui Bomi si muove è pienamente globale, vantate una presenza importante, in Europa, negli Stati Uniti, in Sudamerica, in Cina… che prospettive avete per il vostro business in questi mercati. Cosa prevedete per il futuro?
“La varietà delle nostre aree di azione impone dei distinguo, dettati dalla necessità di evidenziare le peculiarità dei vari mercati. Una prima macro-area può essere individuata in Europa: qui il trend è di graduale contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica sanitaria. Questo avviene soprattutto nell’Europa meridionale, anche se va aggiunto che l’offerta dei nostri servizi e di nuovi prodotti può in molti casi produrre efficientamenti anche economici, dei quali i bilanci pubblici devono tener conto. Penso, per esempio, alla branca dell’oncologia, dopo la disponibilità di nuovi strumenti di monitoraggio e prevenzione riduce i costi delle terapie in chiave preventiva, garantendo (oltre a un maggiore benessere dei pazienti) un consistente risparmio dei costi di gestione del sistema nel lungo periodo”.

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Siete presenti in maniera importante anche in Sudamerica e lo scorso anno siete tornati in Cina…
“Nutriamo grandi speranze in questi mercati. In Cina la crescita demografica e i forti investimenti in nuove strutture sanitarie ci regalano opportunità di business: dieci anni fa la Repubblica Popolare era il decimo mercato sanitario del mondo, oggi è il secondo. In Sudamerica, guardiamo soprattutto alla Colombia, al Brasile, al Perù e di recente siamo entrati nel mercato del Messico. Gli investimenti in sanità in questi Paesi mostrano una crescita notevole e il modello ibrido pubblico/privato a metà tra Stati Uniti e sistemi europei fornisce delle occasioni. Senza considerare che l’appello alla salute ha spesso un certo appeal politico. Il Brasile viene da due anni di recessione, nonostante ciò si prevede un tasso annuo di crescita 2015-2020 (CAGR) del mercato medicale pari al 7% in valuta locale (fonte dati Espicom)”.

E negli Stati Uniti?
Gli Stati Uniti sono di gran lunga il mercato più importante del mondo con il maggiore rapporto tra spesa sanitaria e Pil. Siamo già presenti, ma in maniera ancora marginale rispetto ai nostri risultati nelle altre aree, perciò guardiamo a possibili acquisizioni che possano consolidare la nostra presenza e fornirci una taglia più adeguata alla competizione. Dovremo in ogni caso confrontarci con i cambiamenti normativi allo studio della nuova Amministrazione e trovare di conseguenza l’assetto migliore per l’approccio a questo mercato”.

 


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