Labomar, terzisti della nutraceutica a Piazza Affari

Il fondatore Bertin ci racconta la storia e le ambizioni del gruppo di Istrana



FTA Online News , 30 Set 2021 - 10:03

Da piccolo laboratorio galenico al servizio della farmacia di famiglia a società di sviluppo e produzione di integratori alimentari, dispositivi medici, alimenti funzionali e cosmetici conto terzi con 6 stabilimenti, 300 dipendenti e 13 mila metri quadri per una produzione che può raggiungere i 35 milioni di pezzi l’anno sono passati circa vent’anni. Oggi Labomar è una realtà affermata e quotata in Borsa dallo scorso ottobre, con l’obiettivo di crescere ancora. Al suo fondatore e amministratore delegato Walter Bertin, chiediamo di raccontare la sua storia.

“Subito dopo la mia laurea nel 1982, sono entrato nella farmacia di famiglia e mi sono trovato immerso nelle scatolette di prodotti finiti, così ho subito iniziato a dedicarmi alle prime preparazioni artigianali. Ho potuto sperimentare direttamente il piacere di trovare i dosaggi più efficaci, di saggiare le applicazioni delle materie prime, di scoprire i vantaggi della medicina naturale, così in poco tempo ho deciso di sviluppare una nuova attività e ho creato un primo laboratorio di 60 metri quadrati a lato della farmacia. Ho iniziato a sviluppare il primo nucleo del business di Labomar focalizzandomi nel settore degli integratori alimentari e dei dispositivi medici. Sono venuti di conseguenza la tecnologia e i manager, le acquisizioni di realtà e spazi produttivi. Fondata l’azienda nel 1998 a Istrana (TV), dove abbiamo ancora oggi la nostra sede, ho istituito prima la divisione di Ricerca e Sviluppo nel 2003 e quindi ho avviato la produzione industriale nel 2004. Partnership industriali, acquisizioni e la creazione di nuove società, come la Labiotre con Biodue, che lavora gli estratti vegetali, sono venute negli anni seguenti. Un passaggio importante è stato l’investimento da 3 milioni di euro del Fondo Italiano d’Investimento SGR: ci ha permesso di creare un impianto produttivo con le tecnologie all’avanguardia ormai necessarie per il nostro sviluppo. Nel frattempo è seguita la managerializzazione del gruppo, io stesso ho conseguito un master in Lean Management per sviluppare le competenze sempre più importanti per la crescita della società. Oggi siamo un operatore di peso, con circa 61 milioni di euro di fatturato nel 2020, in un mercato che in Europa valeva già 13,5 miliardi di euro nel 2018, con mercati di riferimento in Germania e in Italia (1,8 mld alla stessa data) e dunque enormi prospettive di crescita per noi.

La nostra forza è rimasta la forte scientificità a supporto del nostro business di sviluppo di integratori alimentari e dispositivi medici conto terzi. Ad essa affianchiamo un rapporto forte con clienti che sanno di potersi affidare a noi per la produzione sempre più normata e sorvegliata che si richiede al settore. Siamo anche riusciti a ideare nuove linee di prodotto a catalogo da affidare ai brand e ai grandi gruppi farmaceutici che le hanno scelte e inserite nella propria offerta. Abbiamo nel tempo sviluppato un processo di internazionalizzazione che ci ha portato in Canada, un mercato da 1,2 miliardi di euro vicino a quello statunitense (24,8 miliardi di euro), dove abbiamo portato a termine con successo l’acquisizione di ImporFab, un produttore conto terzi di farmaci, cosmetici e integratori. Oltre al Canada, commercializziamo in 30 paesi e l’export rappresenta circa la metà del nostro giro d’affari. La pandemia ha avuto un impatto rilevante ma momentaneo sui nostri piani di sviluppo: è stato solo un rinvio o un rallentamento di un percorso di crescita che continua”.

Labomar 2

Come mai la decisione di quotarvi nell’ottobre 2020? Avete raccolto 29,9 milioni di euro mettendo sul mercato il 18,86% del capitale. Avete attratto investitori di peso come MasterLab (7 mln) e Value First (4 mln) e ridotto il rapporto debt/equity da 2,8 a 0,08. È stata un’operazione di rafforzamento patrimoniale? Cosa farete delle risorse raccolte? È stato difficile apprendere il linguaggio dei mercati?

“Le risorse saranno una leva ulteriore della nostra crescita, ma non erano una necessità, avevamo già una PFN/ebitda a 3,5 e ottimi rapporti con il ceto bancario. Ci serviranno soprattutto per la crescita per linee esterne, le investiremo in operazioni di M&A mirate, con società capaci di integrarsi con la nostra visione del business, con il nostro culto dell’eccellenza, di arricchire il nostro portafoglio di offerta. Un esempio è già stato quello di Welcare, di cui abbiamo rilevato il 63% a luglio e che ci arricchisce nel campo dei dispositivi medici. Al contempo con il nuovo impianto L6 stiamo ulteriormente rafforzando la nostra base produttiva e di ricerca, e abbiamo sviluppato ulteriormente le nostre partnership industriali con i recenti accordi con Bayer e Alfasigma. È importante sottolineare che ci concentriamo sulle soluzioni più evolute e complesse, le formulazioni semplici a basso margine destinate alla grande distribuzione organizzata non ci interessano”.

 Nel 2020 i ricavi sono cresciuti da 48,3 a 61 milioni di euro, l’utile da 4,14 a 6 mln. Il patrimonio è cresciuto da 9,9 a 38,2 mln mentre la PFN si è ridotta da 28,7 mln a un irrisorio saldo negativo di 3,4 mln. Con il debt/equity ridotto, come detto, da 2,8 a 0,08, siete in una posizione che vi consentirebbe in teoria di promuovere nuove acquisizioni. Dal 2014 al 2019 d’altronde avete registrato un CAGR del 13,7%, una crescita costante che avete principalmente attribuito all’innovazione di prodotto e al conseguente aumento del portafoglio clienti. I recenti dati del primo semestre mostrano una resilienza anche nella fase difficilissima del Covid, con un fatturato in leggero calo (-0,7%) a 30,5 milioni di euro penalizzato soprattutto dalle vendite nel beauty di ImportFab in Canada (il mercato ha registrato -70%). Il percorso di crescita degli ultimi anni potrà riprendere a ritmi paragonabili a quelli del passato? Che contesto percepite in termini di carenze di materie prime, disruption della supply chain e ripresa della domanda?

“Il Covid ha senza dubbio impattato sulle nostre attività, specialmente su quelle canadesi che hanno subito anche un fermo produttivo imposto dallo stato di emergenza. La clientela in farmacia si è ridotta anche di un terzo e la contrazione degli ordini ne è stata una naturale conseguenza che ha colpito l’intera filiera fino a chi fa ricerca, sviluppo e produzione come noi. Ma pur con un impatto, riteniamo di avere gestito al meglio e con resilienza la situazione. I 30,5 milioni di fatturato del primo semestre sono comunque un livello da record e cominciamo a percepire anche la ripresa della domanda.
Senza dubbio sul fronte delle materie prime, dei costi e degli approvvigionamenti c’è un problema globale che ci impone una reazione importante. Per esempio abbiamo dovuto rafforzare il magazzino per le tensioni che percepiamo nelle forniture. Stiamo anche puntando a un backup di fornitori in tutto il mondo, per avere un’ulteriore sfera di protezione. Con le risorse incamerate con la quotazione abbiamo però la dotazione necessaria non soltanto ad affrontare questa sfida, ma anche ad alimentare il percorso di crescita che approderà sicuramente a nuove acquisizioni mirate. Abbiamo già moltissimi progetti in cantiere con le maggiori case farmaceutiche e quindi confidiamo nel rapido ritorno alla crescita degli ultimi anni”.

 


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