Intred, la tlc lombarda punta sulla rete proprietaria
Daniele Peli, fondatore e ad della società di Brescia, ci racconta la sua storia
FTA Online News, 18 Mar 2020 - 16:27
Quasi un quarto di secolo di storia, ma tassi di crescita da start-up e progetti di investimento importanti sono stati confermati da Intred anche con gli ultimi dati diffusi al mercato.
“Puntiamo a diventare un operatore di telecomunicazioni regionale in Lombardia, dove riusciamo a competere e vincere a svantaggio dei grandi player in diverse realtà locali, grazie alla flessibilità della nostra offerta e alla qualità della nostra rete proprietaria in continua espansione”, conferma Daniele Peli, fondatore e socio di controllo della tlc bresciana insieme alla moglie Marisa Prati.
Voi avete praticamente visto la nascita di internet in Italia e da allora avete accompagnato questa rivoluzione che è passata da radicali cambiamenti tecnologici e di mercato: come è andata?
“Intred è nata nel 1996 dall’idea di tre soci (da cui Intred- in tre direzioni, in tre dimensioni), che hanno deciso di puntare sul web quando ancora questo mondo era allo stato embrionale. Presto ho rilevato le quote dei miei soci, che per altri impegni non potevano dedicare il tempo necessario a questa avventura imprenditoriale, e ho promosso lo sviluppo del gruppo. All’inizio eravamo un internet provider in un mercato vergine, giravamo per le imprese a spiegare le opportunità della nuova tecnologia, affittavamo la rete di Telecom prima della ADSL che arrivò nel 2000 e scremò notevolmente il mercato da un numero eccessivo di operatori. Servivano infatti investimenti corposi per restare in piedi, ma noi riuscimmo a crescere ancora e a doppia cifra, come oggi. Nel 2010 ci rendemmo conto che dipendevamo quasi esclusivamente dall’infrastruttura di TIM e che i margini si andavano comprimendo: la decisione fu per noi storica, dovevamo creare una rete proprietaria e così avviammo gli investimenti, 4 centraline prima, poi 10, 40, 50 e così via. Ma ci accorgemmo subito di un’altra cosa, che ci spinse a un altro cambiamento del business….”
Cosa?
“Eravamo degli operatori esclusivamente rivolti al mercato business, ma gli investimenti che programmavamo non si sarebbero ripagati in tempi accettabili in quelle condizioni, così decidemmo di intensificare la capillarità di clienti nelle aree servite e creammo un’offerta residenziale con il nuovo marchio EIR. Nel 2010 promuoviamo un aumento di capitale da un milione di euro e poi, nel 2014, portiamo il capitale a 3,81 milioni. Intanto uniamo le centrali con fibra ottica di proprietà o ricorriamo all’IRU (Indefeasible Right of Use), ossia dei leasing che garantiscono diritti d’uso esclusivo del cavo in fibra ottica, al posto dei precedenti collegamenti tramite circuiti accesi. L’utenza è in rame in quell’epoca (ADSL appunto), ma la dorsale è già in fibra, pian piano la nostra rete approda all’ultimo miglio e iniziamo a portare la nostra fibra all’utenza. Negli anni di crescita seguenti ci accorgiamo di un altro elemento del contesto che ci porterà alla fine a Piazza Affari”.
Quale?
“La domanda di banda, di servizi di connessione sempre più potenti, accelera quasi esponenzialmente e per starle dietro servono investimenti e dunque nuove risorse. Contattiamo diversi soggetti finanziari, anche dei private equity, ma abbiamo un progetto chiaro per l’azienda e non intendiamo cederne il controllo, così ci convinciamo, nel settembre del 2017, che la quotazione su AIM Italia è l’opzione migliore e ci mettiamo al lavoro. Abbiamo una struttura gestionale già abbastanza evoluta, ma la potenziamo grazie per esempio a un nuovo CFO; implementiamo tutte quelle funzioni richieste a una società quotata, ma il contesto si complica. Ci sono le elezioni 2018, lo spread sale, gli investitori sono nervosi e vogliono garanzie. Noi però crediamo nella trasparenza così promuoviamo un’IPO quasi interamente in aumento di capitale. Nel board abbiamo un consigliere indipendente a tutela dei soci di minoranza e variamo un sistema di azioni PAS (Price Adjustment Shares) che impone a noi soci di riferimento un obiettivo di EBITDA di 6,5 milioni quell’anno: se manchiamo il target, perdiamo delle azioni, altrimenti no. Tutti meccanismi che servono a dare fiducia ai potenziali investitori. Alla fine, il collocamento ha generato una domanda complessiva, superiore a 2,7 volte il quantitativo offerto, tanto che dobbiamo procedere al riparto. Raccogliamo 10 milioni di euro (al netto della Greenshoe). Un successo che confermiamo quando raggiungiamo a fine anno un EBITDA di 7,3 milioni (al netto degli effetti contabili di quotazione) e con la crescita successiva. Il mercato ci ha premiato portando le quotazioni dai 2,27 euro del collocamento ai circa 6 euro di questi giorni, mentre sul business la trasparenza e lo standing di società quotata ci regalano nuovo appeal con vecchi e nuovi clienti”
Avete chiuso il 2019 con un balzo del giro d’affari del 21% a 20,8 milioni di euro. Anche l’infrastruttura è passata da 1.950 a 2.900 km (+49%), con investimenti per 3,3 milioni di euro soltanto nel primo semestre. La suddivisione dei ricavi per tipologia di cliente pare stabile e relativamente equilibrata con una prevalenza dei clienti professionali e un churn rate al 4% soltanto. Nel primo semestre l’EBITDA è cresciuto del 24,1% a 4,1 mln di euro e l’utile del 35,8% a 2,1 mln di euro. Al 30 giugno avevate anche una PFN positiva per 5,7 mln di euro e un patrimonio netto di ben 24,4 mln di euro: in pratica una situazione patrimoniale più che solida che suggerisce ambizioni di crescita per linee interne e/o esterne. Sono ritmi sostenibili nel tempo? Come vi orientate nella concorrenza con i grandi player del settore in questa fase di consolidamento? Ho letto di diverse alleanze, con Open Fiber e Fastweb.
“Abbiamo un piano di investimenti da 30 milioni di euro tra il 2019 e il 2021, cresceremo ancora. Abbiamo, inoltre, appena acquisito Qcom, società con un fatturato da quasi 11 milioni di euro, in utile, che ci porta in dote più di 4.000 clienti business e circa 80 addetti formati e qualificati. Due asset di peso con un investimento importante, circa 10 milioni di euro, quindi quest’anno ci dedicheremo all’integrazione di questa importante struttura con la nostra e nel frattempo continueremo a investire nello sviluppo della rete proprietaria. Il nostro obiettivo è la dimensione regionale e Qcom ci aiuterà in questo percorso.
La nostra dimensione locale ci consente inoltre in molti casi un vantaggio competitivo, per esempio con le PMI ed anche con aziende fino a 200-300 milioni di fatturato. Se nei grandi centri la concorrenza dei top player è elevata, nelle periferie industriali e in molti comuni noi competiamo e spesso vinciamo grazie alla flessibilità della nostra offerta e al supporto di una rete proprietaria che pochi hanno nelle nostre aree di riferimento. Quanto agli accordi con società come Open Fiber e Fastweb, hanno l’obiettivo di aumentare la copertura della rete sia da parte nostra sia loro, senza la necessità di realizzare nuove opere civili e duplicare infrastrutture già presenti. Ancora nell’ottica della crescita. D’altronde anche noi forniamo infrastrutture di rete ad altri operatori nelle aree in cui siamo presenti, infatti circa il 13% del nostro fatturato proviene da utenza wholesale”.