INBRE, I piccoli impianti idroelettrici che riflettono un territorio intero

Il direttore generale Rizzi ci racconta le ambizioni del Gruppo Iniziative Bresciane nell’idroelettrico



31 Ott 2018 - 10:30

“Il nostro piano industriale, la nostra storia, il processo stesso di quotazione su AIM Italia fanno parte di un progetto che ha sempre mirato allo sviluppo. Per comprenderlo bisogna fare però un passo indietro e cominciare dall’inizio”.
Alberto Rizzi, direttore generale della quotata dell’idroelettrico INBRE e del suo socio di riferimento Finanziaria di Valle Camonica, conosce da vicino il percorso del gruppo quotatosi a Piazza Affari nel luglio del 2014 e ce lo racconta.

LA NASCITA

“INBRE è nata nel 1988 e inizialmente si è occupata di attività anche diverse da quella di oggi – ci spiega Rizzi - Nel 1994 la rileva integralmente la Finanziaria di Valle Camonica (FVC), ancora oggi socio di controllo con il 58% circa del capitale.
Nel 1998 l’Istituto Atesino di Sviluppo (ISA) rileva il 20% (dopo la quotazione circa il 14%) e ci affianca nel supporto allo sviluppo del gruppo. Diversi aumenti di capitale e investimenti caratterizzano gli anni successivi e INBRE si dimostra attiva anche in settori diversi dal core business odierno, come quello immobiliare. Cresce nel frattempo la competenza e la specializzazione nell’ambito dell’energia idroelettrica.”.

I SOCI

Per comprendere chi è INBRE bisogna però allargare il quadro e spiegare chi sono i suoi soci di riferimento.

Il socio di controllo del gruppo è da sempre la FINANZIARIA DI VALLE CAMONICA (FVC), una società di partecipazioni nata a inizio anni Ottanta dall’iniziativa di alcuni imprenditori locali di peso. FVC oggi ha in portafoglio quote di UBI Banca, Cattolica Assicurazioni e altre società che operano in diversi settori economici quali l’immobiliare, il turistico, l’editoriale e, appunto, in campo energetico con INBRE. La Finanziaria di Valle Camonica è insomma un gruppo economico del bresciano e del bergamasco con diversi punti di contatto anche con UBI Banca di cui Battista Albertani, presidente del consiglio di amministrazione di INBRE e della stessa FVC, è stato membro del consiglio di sorveglianza.
L’altro socio storico e di peso di INBRE è l’ISTITUTO ATESINO DI SVILUPPO (ISA).

Questi i soci di riferimento di INBRE, ma torniamo al 2014 ed al suo direttore generale Alberto Rizzi.

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LA QUOTAZIONE

Cosa succede nel 2014, quando decidete di quotarvi e perché un’IPO e non, per esempio, una partnership industriale, il sostegno di un private equity o dei mini-bond?

“I mercati cominciano solo in quel periodo a uscire dalla grande crisi finanziaria e le banche iniziano a mostrare maggior prudenza nell’erogazione del credito alle aziende limitando in parte l’azione dei gruppi in espansione. A quel punto INBRE poteva proseguire gli investimenti limitandone la dimensione (sempre comunque con il supporto del mondo del credito tradizionale) o promuovere uno sviluppo più accelerato, coerente con le risorse e i progetti compresi nel piano industriale, cercando un’alternativa. Comprendiamo così che la quotazione su AIM Italia può rappresentare l’opportunità migliore per valorizzare la società e i suoi progetti. Con un processo molto rapido, di appena pochi mesi, portiamo a termine l’IPO e raccogliamo ben 22 milioni di euro, una delle migliori operazioni di questo tipo che l’intero AIM Italia abbia registrato finora”.

E’ stato difficile imparare il linguaggio dei mercati?

“Abbiamo lavorato molto intensamente a ridosso della quotazione per adeguare le nostre strutture e portare a termine il progetto, ma avevamo già adottato dal 2011 il modello organizzativo previsto dal D. Lgs. 231/2001 e affinato nel tempo la nostra struttura interna, per cui non abbiamo incontrato difficoltà eccessive. E’ stato importante però avviare e completare, in vista della quotazione, la scissione delle attività estranee al core business dell’energia (le attività immobiliari e le quote di minoranza del settore energetico) per concentrarci al meglio nelle nostre attività strategiche. Con le risorse reperite abbiamo così potuto sviluppare le nostre iniziative”.

LE ATTIVITA’ DI INBRE

Qual è il modello di business di INBRE, di cosa vi occupate ora esattamente?

“Noi presidiamo l’intera filiera del mini-idroelettrico. Alla fine di giugno contavamo 29 centrali in portafoglio con un aumento del 16% sul dato di un anno prima. La nostra produzione di energia elettrica nel frattempo è cresciuta di quasi il 70% a 71,6 GWh ed è distribuita tra impianti di potenza generalmente inferiore al Megawatt.
In pratica siamo presenti soprattutto in Lombardia e in particolare nelle province di Bergamo, Brescia e Cremona. Operiamo anche con due centrali in Trentino, ma per noi in generale la prossimità territoriale delle centrali è un valore importante perché garantisce sinergie ed economie di scala basate non solo su fattori come i minori costi di manutenzione, ma anche su una maggiore uniformità dei prezzi. Il percorso classico per la realizzazione di una nostra centrale comincia con l’aiuto dei nostri collaboratori o di esperti terzi che valutano i siti potenziali per l’insediamento di nuovi impianti. Poi si svolge una verifica di fattibilità, si presenta una domanda, si arriva ai progetti esecutivi e alla realizzazione (che comporta anche la copertura dell’investimento attraverso la ricerca di adeguati finanziamenti delle opere). La fase successiva è la gestione che è effettuata nel rispetto delle prescrizioni contenute nel disciplinare di concessione”.

IL SETTORE DELLE CONCESSIONI IDROELETTRICHE

Non temete che il previsto aggiornamento delle regole delle concessioni pubbliche, e in particolare di quelle del settore idroelettrico, possa avere un impatto sul vostro business?

“Siamo molto attenti anche a queste tematiche, ma il settore del mini-idroelettrico non dovrebbe registrare grandi cambiamenti. Le nostre sono concessioni trentennali e in molti casi si ha una prelazione sul rinnovo al termine della concessione stessa. Le modifiche, ancora tutte da definire, riguarderanno probabilmente le grandi derivazioni (i grandi impianti) che in diversi casi registrano un certo numero di concessioni già scadute. Un’apertura del mercato secondario potrebbe però creare delle opportunità anche per noi. Il mercato degli impianti già esistenti, infatti, necessita di un revamping, un ammodernamento nel quale, per le piccole centrali, potremmo avere un ruolo. La definizione delle nuove misure di incentivazione anche fiscale potrebbero fare la differenza nelle nostre valutazioni”.

L’ANDAMENTO DEL BUSINESS

Nel primo semestre avete aumentato del 37% i ricavi netti a 9,6 milioni di euro, raggiunto un ebitda di 6,7 milioni e raddoppiato l’utile netto a 1,4 milioni di euro. Al contempo avete accresciuto il numero delle centrali e la vostra dimensione con investimenti e misure di sviluppo. L’indebitamento di INBRE ammonta però a 76,8 milioni di euro a fine periodo a fronte di un patrimonio inferiore ai 43 milioni di euro. Il debito non rischia di rallentare la vostra crescita?

“Il controllo del debito dovrà sempre rimanere sotto controllo. Siamo infatti convinti che solo in questa prospettiva il business possa svilupparsi in maniera robusta e sostenibile. La nostra elevata marginalità però ci consente di dormire sonni tranquilli, infatti abbiamo una marginalità – in termini di ebitda sui ricavi – al 70% assai difficile da trovare in generale e anche nel nostro settore. Questo ci consentirebbe di azzerare la posizione finanziaria netta in poco tempo al netto di nuovi investimenti. La nostra attuale PFN è il frutto dell’intensità dei nostri investimenti. Per questo possiamo confermare con serenità i nostri obiettivi di crescita organica e per linee esterne nei prossimi anni”.

IL TITOLO INBRE

Il titolo di INBRE dalla quotazione nel 2014 a 21 euro ha registrato forti oscillazioni arrivando ai 26 euro per poi flettere fino a 13 euro e quindi recuperare i livelli dell’IPO in questo periodo. La liquidità appare inoltre relativamente limitata. Come valutate questa situazione?

“Abbiamo inevitabilmente subito il sentiment generale dei mercati che giocoforza influenza anche i segmenti meno liquidi come quello dell’AIM Italia. Negli ultimi tempi abbiamo comunque registrato con piacere un incremento dell’azionariato retail. I nostri soci storici e di riferimento sono comunque attenti alla creazione di valore nel tempo e abbiamo sempre confermato in tal senso la loro fiducia con una politica generosa delle cedole in termini relativi e assoluti. In questo senso sono convinto che i nostri fondamentali dimostrino il nostro valore”.


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