Friulchem, una nutraceutica veterinaria che vuole crescere

L’amministratore delegato Disma Giovanni Mazzola racconta un settore tecnologico in rapida trasformazione



FTA Online News, 11 Feb 2020 - 09:30

La produzione, lavorazione e ricerca farmaceutica, soprattutto veterinaria, di Friulchem risale al 1996, quando la società di Vivaro (Pordenone) si è insediata in Friuli con il supporto degli incentivi previsti dalla Regione a statuto speciale. Alessandro Mazzola (attualmente Presidente del CdA di Friulchem), che già tramite la svizzera Evultis operava nel trading di principi attivi, decise infatti di avviare questa nuova attività industriale anche perché la sempre più stringente normativa in materia rendeva meno conveniente affidare a terzi determinate lavorazioni. Con altri soci comprò così i terreni a Vivaro e avviò l’impianto produttivo che sarebbe stato alla base della business unit veterinaria. L’anno successivo cominciò il supporto della Finanziaria della regione Friuli Venezia Giulia che in diverse circostanze ha supportato lo sviluppo di Friulchem, non solo dal punto di vista finanziario. Ancora oggi la finanziaria friulana è il secondo socio del gruppo al 23,8% del capitale dopo la Evultis di Alessandro Mazzola (38,8%) e prima della Fiduciaria Bernasconi (6,3%).

Ma di cosa si occupa esattamente Friulchem oggi?
“Siamo uno dei maggiori operatori italiani attivi a livello internazionale nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione conto terzi (CDMO) di semilavorati antibiotici per il settore farmaceutico veterinario e nello sviluppo di dossier per farmaci equivalenti nel settore Human– ci spiega l’Amministratore Delegato di Friulchem Disma Giovanni Mazzola (figlio del fondatore ndr) - In particolare effettuiamo lavorazioni importanti sui principi attivi (API) per la produzione di semilavorati e prodotti finiti per la classe delle penicilline (antibiotici Ndr), di una categoria di sulfamidici e alcune categorie compatibili.
Ci occupiamo, per esempio, di micronizzazione, ossia di una macinazione dei prodotti in particelle inferiori ai 10 micron che con le loro dimensioni ridottissime rendono più efficace per vari motivi il principio attivo che veicolano. Un’altra sofisticata tecnologia interna prevede la granulazione: il principio attivo inserito in un granulo polimerico riesce a mantenersi efficiente anche gli 80° raggiunti dai processi di estrusione delle farine per uso animale. Una volta ingerito, può così dispiegare i propri effetti in maniera sicura e controllata”.

La tecnologia ha dunque innovato anche il settore farmaceutico e nutraceutico animale negli anni…
“Assolutamente sì. Noi produciamo delle microsfere per il nutrimento dei pesci d’allevamento in mare. Gli allevamenti sono esercitati in impianti costituiti da gabbie galleggianti e in questa situazione il moto ondoso “disturba” l’alimentazione perché disperde le sostanze e le lascia depositare sul fondo (anche con il rischio di inquinamento). Abbiamo così prodotto queste microsfere che vengono caricate elettromagneticamente con carica positiva. Essendo le squame dei pesci caricate negative, le microsfere si attaccano e gli altri pesci possono nutrirsene: i risultati sono maggiore concentrazione e controllo del processo di alimentazione con minori sprechi e inquinamento.

In Friulchem abbiamo sviluppato e brevettato anche una tecnologia per la produzione di compresse ad alta appetibilità che facilità l’assunzione sia di principi attivi farmaceutici che di integratori da parte degli piccoli animali domestici come cani e gatti e altro ancora”.

Siete una piccola realtà con una forte vocazione internazionale però…
“Sì, il 95% del nostro fatturato proviene dall’estero, Europa soprattutto (e in particolare Francia), ma anche Sudamerica, Filippine, Corea… Di recente abbiamo registrato un integratore veterinario da noi formulato e prodotto (il probiotico FC-Rehydratant) in Cina. Il nostro obiettivo è crescere nel lungo periodo differenziandoci non solo geograficamente, ma anche allargando le nostre classi di prodotto oltre le attuali sei e passando dalla produzione conto terzi allo sviluppo di prodotti finiti che ci consentirebbe di darli in licenza e di potenziare notevolmente il nostro business. Il nostro è un settore sempre più normato. I nostri sistemi di produzione sono controllati dal Ministero della Salute e in generale il settore della farmaceutica veterinaria conta pochi operatori specializzati, normalmente i player sono delle costole di grandi gruppi farmaceutici attivi nei prodotti per la salute umana. Intendiamo sviluppare e sfruttare le nostre competenze”.

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Come mai avete deciso di quotarvi a Piazza Affari lo scorso luglio? E’ stato difficile apprendere il linguaggio dei mercati? Avete raccolto 4,5 milioni di euro con l’IPO, ma il titolo adesso tratta sugli 1,65 euro contro gli 1,80 del valore di collocamento: pensate che la società abbia del valore inespresso?
“Da anni abbiamo avviato un percorso di consolidamento della nostra governance, sviluppando nel tempo il controllo di gestione, aderendo alle previsioni del D.lgs. 231/2001. A quel punto abbiamo pensato che il passo verso la quotazione fosse relativamente breve, anche se ha comportato comunque delle sfide. La ricerca di risorse per la crescita è una costante per le PMI ambiziose come noi, ma i nostri piani a 10-15 anni erano incompatibili con le prospettive forniteci dai private equity con cui ci siamo confrontati, così abbiamo deciso di quotarci e di ottenere anche quel surplus di visibilità che lo status di società quotata garantisce e che abbiamo già in pochi mesi verificato. Quanto ai corsi di Borsa, pur ribadendo che la nostra è un’ottica di lungo periodo, siamo convinti che la società abbia un grande valore inespresso e che in futuro questo possa emergere chiaramente anche nei valori di scambio”.

I dati più recenti forniti al mercato sono quelli del primo semestre del 2019: il valore della produzione è diminuito del 15% a 7,1 milioni di euro, l’utile ha registrato una flessione del 75% a 75 mila euro. Anche se la situazione patrimoniale era già solida prima della quotazione di luglio (con una PFN negativa per 2,9 mln a fronte di un patrimonio da 6,2 mln), si tratta di un profilo reddituale in calo, sebbene indicato solo su una metà dell’esercizio. Si è trattato di una dinamica temporanea?
“Sicuramente. Sulle performance del periodo hanno influito delle situazioni particolari che hanno spostato parte del fatturato nella seconda parte dell’anno con un calo per la parte veterinaria della parte di commercializzazione dei principi attivi. Noi infatti abbiamo due generi di attività. Il primo è il “conto produzione” ossia lavorazione e produzione su principi attivi forniti dai clienti. Ci garantisce maggiore marginalità, ma minore fatturato. In qualche caso forniamo un servizio “full service”, ossia compriamo direttamente il principio attivo, che poi lavoriamo fino al prodotto vendendo il risultato al cliente: questo al contrario vuol dire maggiore fatturato, ma margini minori. Avendo fatto più conto produzione che full service abbiamo registrato un impatto sul fatturato la cui contrazione è in parte dovuta anche a questo.
Ribadiamo comunque la nostra volontà di crescita, anche grazie alla nuove risorse acquisite, sia per linee esterne che tramite attività di R&S interna”.


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