Finlogic, non è solo una questione di etichetta
La matricola dell’AIM si candida a polo aggregante di un mercato oltre 700 milioni di euro
18 Ago 2017 - 12:22
“Vediamo grandi opportunità di crescita nel nostro settore e, facendo leva su un bagaglio tecnologico che ci rende praticamente una società dell’IT, ci candidiamo apertamente a diventare un polo aggregante in un mercato da oltre 700 milioni di euro che in Italia è ancora frammentato e alla ricerca di un leader”. Dino Natale, amministratore delegato di Finlogic ha le idee chiare sul futuro della matricola dell’AIM che a giugno ha raccolto 6,3 milioni di euro con la quotazione e punta alla crescita sia organica che per linee esterne nel settore della produzione di etichette e nella fornitura di stampanti, lettori, ribbon e servizi collegati. Con una crescita del valore della produzione di oltre il 16% nel 2016 a 18,76 milioni di euro e un utile del gruppo di oltre 1,58 milioni (+15,5%), la società che vede la famiglia Battista azionista di riferimento, si presenta d’altronde al mercato in forte espansione.
“Siamo in grado di offrire ai nostri clienti soluzioni a 360 gradi, a differenza degli altri concorrenti. Possiamo infatti fornire le nostre etichette, le stampanti SATO (leader del settore del quale siamo distributore unico dal 2010, i lettori, i ribbon (nastri per la stampa di etichette Ndr) e tutti i servizi per una soluzione unica calibrata sulle esigenze cliente. Questo ci consente un ebitda margin di circa il 16% contro una media del mercato del 9% (dati GIPEA): è un vantaggio competitivo non da poco”.
Ma chi sono i vostri clienti e cosa fate per loro?
“Abbiamo la fortuna di poter lavorare per tutto il settore manifatturiero, dal farmaceutico all’alimentare, per la logistica, per la grande distribuzione. A tutti servono lungo la filiera produttiva, dalla base fino alla distribuzione, sistemi di identificazione, etichettatura e tecnologie EPC/RFID (l’identificazione a radiofrequenza tramite chip, come quelli antitaccheggio dei negozi). L’ampiezza d’impiego delle nostre soluzioni ci consente di avere una clientela molto ampia, il maggior cliente non pesa più del 2% sul nostro fatturato e gli ordini in media sono di 1500 euro”.
La vostra storia però risale al 2003…
“Sì, ma la nostra strategia di crescita ha cambiato nel tempo il nostro profilo, rafforzando le nostre competenze e le nostre dimensioni. Anche grazie al progresso tecnologico e alle acquisizioni. Oggi abbiamo due controllate Idlog, che controlliamo ormai al 51% in società con i manager fondatori di questo system integrator nel quale siamo entrati nel 2014. L’altra controllata è FD Code, anch’essa al 51% e in società con la vecchia proprietà e attiva nella proposta di stampanti, terminali, ribbon e lettori a prestazioni elevate. Rilevante è stata l’anno scorso l’acquisizione di Primetec, che abbiamo portato direttamente nel nostro perimetro acquisendo le sue competenze nella stampa digitale a colori in bobina. In genere i clienti comprano le nostre etichette dedicate con una parte in bianco dedicato alla stampa da parte loro dei codici per i diversi impieghi. Con Primetec siamo in grado di offrire anche soluzioni per una personalizzazione massima della parte dedicata all’impresa. Tutto nella logica dell’integrazione dei nostri servizi che sostiene la nostra marginalità”.
Come si è svolto il vostro approccio al mercato?
“La quotazione dello scorso giugno è stata il punto di approdo di un lungo percorso. Già nel 2011 siamo diventati una Spa e in seguito abbiamo a più riprese rafforzato il nostro capitale. Ci siamo dotati quindi di un controllo di gestione interno e abbiamo sviluppato un’area manageriale sempre più specializzata. La gestione tecnologica dell’azienda è ai top del settore, con la nostra rete informatica coordiniamo tutte le esigenze della nostra rete commerciale e della produzione, i nostri clienti possono realizzare preventivi in automatico sui nostri sistemi e riusciamo addirittura a calcolare l’ebitda della singola commessa. Abbiamo un modulo CRM molto avanzato che permette ai commerciali di vedere le esigenze del singolo cliente. Tutto questo ovviamente ci regala dei vantaggi competitivi difficilmente imitabili. Nel frattempo è anche cresciuta la nostra base produttiva, all’impianto storico di Acquaviva delle Fonti (Bari) si è affiancato lo scorso anno quello di Bollate (Milano) che ha sostituito quello di Rovellasca (Como) proprio per venire incontro al nostro crescente fabbisogno produttivo. Il percorso di managerializzazione della società l’ha portata già nel 2012 all’Elite di Borsa Italiana, poi abbiamo deciso la quotazione sull’AIM, il segmento del mercato adatto più adatto alle PMI come noi”.
Perché avete scelto la quotazione e non, per esempio un fondo di private equity o l’emissione di minibond?
“Perché abbiamo deciso di cercare soci che condividessero con noi una visione industriale di lungo periodo e guardassero oltre al mero investimento finanziario. Un minibond avrebbe attirato soltanto investitori in cerca di una cedola e un private equity avrebbe forse ingessato la nostra governance regalandoci poco sul fronte industriale. Così abbiamo guardato a partner e investitori più vicini alla nostra identità”.
Fra questi c’è ormai la famiglia Volta di Datalogic…
“Sì. Datalogic è un colosso dei lettori di codici a barre attivo in tutto il mondo. Già in fase di quotazione la holding Hydra della famiglia Volta, che ne detiene il controllo, ha rilevato il 2,87% di Finlogic. Un successivo accordo del 13 luglio scorso ha rafforzato un legame nel quale crediamo molto. Hydra ha comprato dalla Italcode di Vincenzo Battista, lo storico socio di riferimento di Finlogic, altre 500 mila azioni ed è salita al 10,28% del nostro capitale con un lock-up a 24 mesi. Hydra controlla quindi ormai 694 mila azioni e 194 mila warrant, ma soprattutto Finlogic si è impegnata a proporre un allargamento del nostro consiglio di amministrazione da 3 a 5 membri per far spazio a un nuovo soggetto designato dalla holding di casa Volta. Non si tratta soltanto dell’opportunità commerciale di affiancare un soggetto importante la cui offerta è complementare alla nostra, ma anche quella di allargare ulteriormente i nostri orizzonti. E’ questo il genere di partnership per la crescita a cui guardiamo”.
Nuovi progetti in vista?
“La raccolta dell’Ipo è stata destinata per una parte a investimenti (già in corso) in macchinari e produzione e per il resto a finanziare una crescita per linee esterne.