Confinvest, i lingotti a Piazza Affari
Storia e prospettive del leader del mercato dell’oro fisico in Italia
FTA Online News, 30 Ott 2019 - 11:30
“L’oro fisico ha l’indiscutibile vantaggio di essere un attivo che non è il passivo di nessuno, non c’è il rischio controparte di un’obbligazione o di un’azione, non c’è il pericolo del fallimento di chi ho finanziato. E’ persino IVA esente e, in caso di vendita, paga il 26% di tasse sulle plusvalenze come la maggior parte delle asset class. Per noi di Confinvest, che operiamo in questa nicchia di mercato da quarant’anni, è una grande opportunità. Un lavoro antico, che trattiamo come una PMI innovativa, regalandogli le opportunità del fintech e del digitale”. Giacomo Andreoli, amministratore delegato e azionista di Confinvest, ossia dell’operatore di riferimento del mercato dell’intermediazione di oro fisico in Italia, descrive con entusiasmo la storia e le prospettive della società quotatasi sull’AIM Italia a fine luglio 2019.
Il business è antico perché Confinvest è nata nel 1983, ma è moderno perché, dopo il management buy in del 2017 finanziato da un club deal (Luciano Avanzini come lead investor, ma i venditori Roberto Binetti e Gabriella Villa hanno mantenuto delle quote), ha accelerato nel percorso di modernizzazione delle attività tramite un approccio estensivo alla tecnologia e alle nuove possibilità che offre.
“Confinvest – ci racconta Andreoli - è diventata presto leader del mercato italiano dell’oro fisico, un mercato estremamente promettente e liquido. Basti considerare due numeri. Il numero di istituti bancari che trattano oro fisico è di circa uno a dieci sul totale. Ogni giorno nel mondo le transazioni in oro fisico sono di circa 80 miliardi di dollari. La domanda cresce e noi le stiamo venendo incontro con un’offerta sempre più innovativa”.
E’ una questione di fiducia. Dopo lo scandalo dei diamanti sicuramente i risparmiatori si guardano intorno con attenzione…
“Noi forniamo tutte le garanzie che un investitore in oro fisico può richiedere. Siamo iscritti all’Albo degli operatori professionali in oro della Banca d’Italia dalla sua nascita. Trattiamo solo oro “standardizzato”, dalle sterline d’oro ai lingotti certificati dall’LBMA, dai marenghi ai Krugerrand sudafricani ai dollari d’oro USA. Sono tutte attività estremamente standardizzate e facilmente liquidabili in tutto il mondo, anche in virtù delle grandi dimensioni del mercato.
I diamanti? L’oro non è il diamante, che ha caratteristiche estremamente varie e può presentarsi in diverse forme, l’oro è oro e ha sempre un mercato e caratteristiche immutabili e semplici. Noi siamo anche market maker e garantiamo prezzi in offerta e domanda pubblicati dalle maggiori testate. Sul fronte della garanzie non temiamo alcun esame in materia”.
Nel 2018 il valore della produzione di Confinvest è balzato del 34% a 14,7 milioni. L’ebitda ha però subito un calo del 24% a 374 mila euro. Ha sicuramente pesato la fusione inversa di Trealfa in Confinvest (il management buy in di cui sopra) che aveva fatto iscrivere a bilancio un avviamento da 1,89 mln, gradualmente ammortizzato. Corretto per queste poste straordinarie l’ebitda è cresciuto del 44%. Anche il primo semestre mostra ricavi in forte crescita (+28,6% a 9,32 mln) e un ebitda in netto miglioramento a 197 mila euro. L’adjusted, che esclude i costi di quotazione e il citato MBI del 2017, sfiora comunque i 300 mila euro. L’impressione è che stiate investendo molto per ammodernare l’offerta. E’ corretto? E’ sostenibile questa crescita? Quali occasioni si intravedono nel mercato?
“Senz’altro stiamo ammodernando la struttura su diversi fronti, abbiamo arricchito i servizi con i caveau e il vaulting, stiamo creando una piattaforma digitale interoperabile con i sistemi di tutte le banche ed estendendo la presenza territoriale. Uno degli obiettivi è quello di abbassare la soglia di accessibilità all’oro da investimento. Già oggi abbiamo più di duemila clienti retail, senza considerare banche e operatori professionali. Abbiamo anche creato un piano di accumulo in oro fisico che consente di investire piccole somme nel tempo. Il Conto Lingotto sarà una piattaforma “white label” impiegabile da tutte le banche, la domanda ci incoraggia a innovare, la tecnologia ci consente cose prima impossibili. Pertanto confidiamo di crescere ancora molto.
Fra l’altro lo scenario dei prezzi a nostro avviso è positivo, cresce la base monetaria e le banche centrali hanno ridotto la percentuale delle riserve in oro a solo il 7% della base monetaria e ora stanno comprando, anche per differenziare, basti pensare ai forti interventi russi, cinesi e indiani. Oltretutto con i prezzi in crescita attiriamo clienti che acquistano o liquidano oro fisico, quando c’è crisi l’oro è un bene rifugio dotato di un certo appeal e molti investitori ormai lo considerano un possibile investimento. L’80% della nostra base clienti investe nell’oro come in un’assicurazione”.
Come mai la decisione di quotarvi? E’ stato difficile apprendere il linguaggio dei mercati? Cosa farete dei 3 milioni di euro raccolti con l’IPO? Soddisfatti delle performance del titolo?
“La quotazione è stata un’operazione in cui abbiamo creduto e crediamo molto. Ci ha regalato appeal e visibilità, lo standing di una società quotata ci ha donato ulteriore credibilità con il mondo delle banche e si è riflesso in maniera rilevante sul fronte delle vendite. E’ stata un’operazione che il mercato ha approvato, come dimostra il balzo del titolo da 1,5 euro (il prezzo di collocamento Ndr) a 3,2 circa. D’altronde abbiamo condotto un’operazione interamente in aumento di capitale spalleggiata da clausole di lock up. Nessuno dei soci ha venduto, confermando la fiducia nelle prospettive del business. Siamo una public company, non c’è un azionista con più del 12,38% del capitale e l’approccio ai mercati è stato favorito da una gestione già evoluta della società. Ora il nostro obiettivo è investire nella crescita, nelle persone, nella tecnologia, che ci stanno consentendo di reinventare un business antico che per noi ha ancora molto da dire”.