Comer Industries, leader globali della componentistica per macchine agricole

L’ad Matteo Storchi ci racconta un gruppo metalmeccanico “vero” e la sua quotazione particolare



FTA Online News, 22 Mar 2019 - 15:00

La quotazione a Piazza Affari per noi di Comer Industries è soltanto l’inizio di un cammino teso alla crescita. Noi siamo un gruppo metalmeccanico vero, nel senso che più della metà dei nostri 1450 dipendenti è rappresentata da tute blu, e produciamo dal 1970 trasmissioni meccaniche e meccatroniche per le macchine agricole, per le costruzioni e – più di recente - per il settore dell’energia eolica. Abbiamo seguito nei decenni lo sviluppo tecnologico ed economico del settore e ormai siamo tra i principali fornitori di componenti di questo segmento su scala globale.
Dal 2017 siamo uno dei principali fornitori di un colosso come CNH Industrial, abbiamo ormai 8 impianti di produzione dei quali 5 in Italia, uno in Cina e uno in India.
In termini di fatturato più del 60% del nostro giro d’affari proviene ancora dall’Area EMEA, anche se va detto che operando nel B2B il prodotto finale potrebbe essere diretto ad altri mercati, crescono però a due cifre anche il mercato asiatico e nordamericano”. Matteo Storchi, presidente e amministratore delegato di Comer Industries che ha debuttato a Piazza Affari il 13 marzo 2019 dopo la fusione con la Spac Gear 1, rappresenta la seconda generazione di una famiglia che da Reggiolo (RE) ha conquistato gradualmente i vertici di un business alle prese con grandi sfide mondiali, ma per questo anche carico di opportunità.

Nel 2017 avete fatturato più di 342 milioni di euro (+13%) e realizzato un utile da 11,36 milioni (+71%), tassi di crescita importanti che avete confermato nel primo semestre del 2018 con ricavi in crescita del 13% e un utile netto incrementato del 55 per cento. Sono livelli sostenibili nel tempo?

“Sicuramente le proiezioni sul futuro sono sempre una sfida in uno scenario globale sottoposte a numerose incertezze che spaziano dalla crisi dei dazi ai tassi d’interesse delle banche centrali, noi però siamo convinti che nel medio e lungo termine il nostro business sia destinato a crescere.
Se nel 2050 ci saranno sulla terra poco meno di 9,8 miliardi di persone (stime ONU) contro i 7,7 miliardi attesi a fine 2019 bisognerà aumentare inevitabilmente la produzione agricola e quindi investire nelle macchine che montano i nostri prodotti. E’ il grande tema della food scarcity: servirà migliorare la qualità e la quantità dell’offerta alimentare, il nostro business lavora su questo, perciò siamo ottimisti. Certo sfide come il protezionismo o una politica monetaria restrittiva in alcuni mercati possono modificare gli scenari, a volte anche soltanto per il loro impatto sulla fiducia, ma noi siamo sicuri delle nostre prospettive perché si basano su macro-tendenze assai meno volatili. Per questo puntiamo a confermare in futuro elevati tassi di crescita”.

Quindi investirete anche in futuro?

“Il nostro business è capital intensive e l’innovazione non aspetta i cicli. Chi investe oggi ha un ritorno dell’investimento in un ciclo di 2-3 anni, quando lo scenario magari è radicalmente cambiato, per questo guardare oltre la congiuntura per noi è un obbligo”.

Vi siete quotati in una maniera originale. La SPAC Gear 1 aveva già individuato voi come target prima di quotarsi. L’apertura del capitale ha inoltre accompagnato un passaggio generazionale importante da suo padre e suo zio (Fabrizio e Fabio) fondatori di Comer a lei e ai suoi soci. Il processo di managerializzazione e in pratica di buy-out è stato seguito dai promotori di Gear 1 e ha comportato nel 2016 il pagamento di 44 milioni di euro di dividendi alla holding dei fondatori, Finregg, mentre si faceva spazio la proprietà di Eagles Oak, che fa riferimento a lei, a Cristian, Marco e Annalisa Storchi. In pratica quell’anno il passaggio ha quasi dimezzato il patrimonio di Comer, oggi comunque solido a quasi 76,3 milioni a fronte di una PFN negativa per 40 milioni. La PFN appare gestibile anche perché era pari a 1,14 volte l’ebitda a fine giugno 2018 e a 1,37 volte a fine 2017 in un rapporto controllato anche dai covenants delle linee di crediti di Banco BPM.
La holding della prima generazione, Finregg si è poi diluita al 10% e ha contestato il prezzo di recesso del 5% del capitale (il Tribunale di Bologna ha stabilito il valore 26,4€).

comer 2

Come è andata? Come mai non avete scelto direttamente un’IPO o in alternativa un private equity o un minibond?

“In pratica nel 2016 abbiamo fatto un buy-out vero e proprio, ossia abbiamo comprato l’azienda indebitandoci per rilevare le quote in mano alla prima generazione. La società ha continuato a crescere, ma per guardare al futuro abbiamo deciso che servivano nuovi investimenti e risorse. L’idea di un private equity non era nelle nostre corde, quando da industriale ti siedi al tavolo con qualcuno che per prima cosa vuole fissare le condizioni della sua uscita dal capitale i tuoi piani per il futuro sembrano già più piccoli. Abbiamo lavorato per due anni alla quotazione, anche con i promotori della SPAC. Abbiamo voluto allineare la compliance alle best practices, introdurre sistemi di gestione avanzata per presentarci al meglio al mercato e competere nel nostro settore con un biglietto da visita adeguato allo standing della nostra clientela. L’idea di ricorrere al veicolo della SPAC è nata dalla volontà di fissare bene tutte le fasi ed escludere per quanto possibile ogni aleatorietà dall’operazione noi apriamo il capitale, ma prima vogliamo vedere le risorse sul tavolo con un’operazione di raccolta compiuta”.

Ora cosa fare con le risorse da 30 milioni di euro raccolte da Gear 1?
“Abbiamo in mente tre direttrici di investimento e tre direttrici di crescita. Sul fronte degli investimenti punteremo anche su nuove acquisizioni, poi vogliamo mettere risorse nello sviluppo di nuove linee di prodotto e puntare su logistica e supply chain che sono sempre più importanti nei rapporti con i clienti. Vogliamo accrescere le nostre quote di mercato, il nostro giro d’affari. Puntiamo anche a un’espansione geografica, già stiamo crescendo in Cina e Nord America, ma guardiamo con attenzione alle opportunità del Brasile dove abbiamo già una filiale commerciale. Infine vogliamo investire nella tecnologia. Internet delle cose sta penetrando anche il nostro settore, noi stiamo sviluppando diversi sensori che possono monitorare i componenti e potranno presto fornire importanti segnali sulla manutenzione ai nostri clienti. Un altro tema sarà quello dei veicoli a guida autonoma sui quali dovremo giocare un ruolo anche noi.
Siamo convinti che ci siano grandi opportunità di crescita nel futuro per chi saprà affrontare adeguatamente i grandi cambiamenti in atto nel nostro settore”.

 


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