Circle, la digitalizzazione della logistica potrebbe cambiare tutto
Il presidente Luca Abatello, può essere una grande occasione anche per l’Italia
FTA Online News, 12 Giu 2019 - 10:15
“Circle è nata da un management buy out nel 2012. Mi accorsi che la digitalizzazione della logistica portuale (e non solo) presentava grandi opportunità. Mi occupavo già di processi e mi associai con altri manager, a partire da Alexio Picco, un esperto di valutazione di progetti innovativi presso la Commissione Europea, per promuovere un nuovo corso dell’azienda. All’inizio eravamo 6-7 persone, ma avevamo già compreso che l’avvento del digitale stava per trasformare l’intera catena di valore, dalla logistica alla sicurezza, ai processi operativi. Da allora per linee interne ed esterne abbiamo continuato a crescere”. Luca Abatello, presidente e socio di riferimento di Circle, vede oggi grandi opportunità per il sistema dei trasporti nel Mediterraneo, dopo i grandi cambiamenti degli ultimi anni, pensa che se ne preparino altrettanti nell’immediato futuro.
“La digitalizzazione dei processi – ci spiega – ha già stravolto tutto, eppure siamo ancora al primo passo. Prima i porti, i sistemi di trasporto ferroviario, la logistica in generale erano caratterizzati da asimmetrie informative, da piattaforme isolate che alimentavano inefficienze. Le nuove esigenze stanno però spazzando via il passato. E’ intervenuto il gigantismo navale: una nave in una toccata in un porto scaricava 500 container, ma oggi può arrivare a 3-4 mila container in una volta: sono dimensioni che impongono una forte integrazione di tutta la logistica intermodale, altrimenti si rischia di bloccare tutto, dai porti alla logistica stradale e non sfruttare abbastanza le reti ferroviarie. E’ qui che si inserisce il nostro lavoro, nella continua ricerca dell’innovazione al servizio delle nuove esigenze”.
Come funzionale il vostro settore? Come è articolata la vostra offerta?
“Siamo dei consulenti che offrono soluzioni in un contesto molto competitivo e in rapida evoluzione. Abbiamo acquisito negli anni una profonda esperienza nella digitalizzazione dei processi logistici partendo con la piattaforma Milos con clienti in Liguria e nel Nord Ovest e approdando di recente al software Sinfomar, che gestisce lo strategico Porto di Trieste, con l’acquisizione di Info.era. Presidiamo in maniera stabile i centri decisionali europei, perché la rapida evoluzione normativa del settore, che può essere un grande pericolo per le imprese, diventa un’opportunità di crescita per chi sa ‘leggere’ e anticipare i trend. E’ nel nostro DNA la volontà di coltivare una visione di insieme e declinarla sulla conoscenza della filiera (treno, nave, strada in costante interrelazione) e su un approccio supernazionale. E’ un vantaggio competitivo importante, soprattutto nel Mediterraneo”.
La logistica presenta sicuramente sfide importanti, da decenni i grandi porti del Nord Europa hanno relegato in secondo piano il Mediterraneo. La digitalizzazione potrebbe essere un’opportunità di riscatto? Da che posizione partiamo?
"Senza dubbio sì, l’innovazione ci sta facendo recuperare posizioni importanti. Negli ultimi quattro anni il collegamento dei porti con il sistema ferroviario, che ha compiuto in tal senso un grandissimo lavoro, ha permesso una grande evoluzione competitiva a Genova, Trieste, La Spezia, Trieste e a breve anche Savona. La Dogana Italiana ha saputo anticipare tendenze normative prima che la digitalizzazione fosse adottata dall’Unione Europea, regalandoci vantaggi importanti. Sono state attivate procedure che consentono un pre-clearing delle navi, quando sono ancora in mare, permettendo di ottenere la maggior parte delle informazioni doganali (documentazione, provenienza, destinazione, percorso della nave etc,) prima che sbarchi. Sono stati anche implementati altri sistemi di ottimizzazione e controllo a valle (fast corridor), per esempio negli interporti o nei centri logistici inland. Tutto questo snellisce enormemente le procedure e ha abbattuto dell’80-85% il cosiddetto dwell-time. In altre parole un salto di efficienza”.
Lavorare con i porti italiani avrà comunque presentato delle criticità…
“Il sistema italiano ha sofferto di alcune peculiarità, la maggior parte dei nostri porti è incastrata nelle città, con conseguenti ovvie difficoltà logistiche. Noi curiamo la digitalizzazione della logistica di un gigante come Ikea (tra gli altri), che poco tempo fa valutava persino l’abbandono dei porti italiani per via di alcune difficoltà riscontrate. Grazie anche al nostro lavoro, con l’impiego di sistemi di verifica interattiva anticipata, l’attivazione di controlli elettronici in tutta la filiera, sul trasportatore, sui documenti, sulle funzioni, siamo riusciti ad abbattere del 30% i costi operativi di Ikea, che ora utilizza sempre di più i nostri sistemi unificati. A Trieste negli ultimi anni è raddoppiato l’impiego della ferrovia e questo diventa sempre di più il fattore discriminante, anche in vista delle prospettive che quello scalo potrebbe avere con la “Belt and Road Initiative” cinese. Noi lavoriamo continuamente all’integrazione delle soluzioni, delle catene della logistica, delle piattaforme. L’elasticità è un nostro fattore competitivo. L’importante è tenere le antenne dritte, perché tutto cambia molto rapidamente. Noi però abbiamo già un terzo del fatturato che proviene da progetti esteri, una presenza che spazia da Bruxelles alla Turchia, dalla Spagna all’Europa dell’Est, quindi abbiamo il polso della situazione. Per questo dico che oggi l’Europa Meridionale e il Mediterraneo godono di un mix di condizioni uniche che creano un’opportunità incredibile. Possiamo fare il salto dimensionale e recuperare il gap con gli altri scali europei. Bruxelles lavora molto all’integrazione delle reti logistiche e dei trasporti in Europa e, anche se a volte gli Stati Membri remano contro, per gli imprenditori del settore esistono molte occasioni assolutamente poco sfruttate”.
Perché avete deciso di quotarvi a Piazza Affari? Come impiegate gli 1,5 milioni di euro raccolti? Prima dell’IPO avete ottenuto anche il supporto di soci come Ligurcapital e Capitalimprese, che però in sede di quotazione hanno vincolato con un lock-up di un due anni e mezzo le proprie azioni garantendo stabilità nell’azionariato. Come è andata?
“Ho sempre pensato che l’AIM fosse un porto di approdo naturale per una PMI intenzionata a crescere come noi, il posto dove bisognava trovarsi. La visibilità e lo status di una società quotata ci hanno inoltre regalato una credibilità importante anche nei confronti dei nostri clienti. Per la quotazione abbiamo dovuto rivedere alcuni modelli di organizzazione, ma in vista di un’evoluzione positiva del nostro business. Nel nostro consiglio di amministrazione siede come indipendente un manager di rango come Stefano Messina (dell’omonimo gruppo armatoriale Ndr), che ci consente di avere ancora di più una visione globale dei trend del settore. Con le risorse ottenute abbiamo supportato ulteriormente l’evoluzione della nostra offerta tecnologica su diversi fronti, sulle reti ferroviarie, sui porti marittimi. Vogliamo inoltre procedere con altre acquisizioni e partnership. Di recente abbiamo annunciato un’acquisizione entro la fine dell’anno e la volontà di sviluppare altre joint venture, crescendo ulteriormente anche dal punto di vista internazionale”.
Nel 2018 il valore della vostra produzione è balzato del 18,3% a 4,8 milioni di euro, l’utile netto è cresciuto del 17,4% a oltre 621 mila euro e avete portato la posizione finanziaria netta a un saldo positivo di oltre due milioni di euro (probabilmente in vista delle acquisizioni di cui sopra). Ritenete che questi ritmi di crescita siano sostenibili anche in futuro? Anche alla luce dei rischi del protezionismo sul commercio globale e di fattori geopolitici come la Brexit o le instabilità dell’area del Mediterraneo?
“Siamo consapevoli delle grandi sfide di questa epoca, ma nel nostro settore continuiamo a vedere grandi opportunità di crescita. Siamo ottimisti sul futuro. Faccio un esempio. Noi lavoriamo molto anche con la Turchia che, come tutti sanno, attraversa un periodo economico per molti versi critico, tuttavia il nostro business continua a crescere. Perché? Perché la digitalizzazione della logistica è efficienza e competitività e loro ne hanno un crescente e inevitabile bisogno. Lo stesso discorso si potrebbe applicare a tantissime realtà del Mediterraneo, ma sono convinto che l’Italia si trovi nella posizione di cogliere al meglio le grandi opportunità che adesso si presentano con la rivoluzione in atto nella logistica”.