Borgosesia: dagli NPL agli immobili, una storia che guarda al futuro
Il presidente Girardi ci racconta le ambizioni e i risultati di un modello di business particolare
FTA Online News, 05 Apr 2022 - 10:25
Borgosesia è nata nel 1873 come operatore del settore tessile e, tra cambi di proprietà e attività, porta con sé una storia importante dell’industria italiana approdata negli ultimi decenni al settore immobiliare. Sarebbe sbagliato, però, pensare a un business tradizionale, anzi. Oggi il gruppo Borgosesia è infatti un’impresa con un modello più unico che raro basato su un’integrazione verticale del processo di valorizzazione dei crediti ipotecari. Crediti non performing con garanzia negli immobili sottostanti che il gruppo è in grado di sviluppare e mettere sul mercato in un processo attualissimo di rigenerazione urbana finanziato con un ricorso al mercato del debito finanziario strettamente sorvegliato. Al socio principale, presidente e amministratore delegato Mauro Girardi chiediamo di spiegarci come funziona.
“Siamo degli operatori specializzati, con una dotazione di competenze e un’esperienza del mercato unici, che ci consentono di estrarre valore da iniziative che per altri sono perdite. Oltre al valore intrinseco alla rigenerazione delle iniziative immobiliari, produciamo un valore economico concreto che pochi numeri possono riassumere. Il nostro IRR (il tasso interno di rendimento di un investimento, ndr) atteso non deve essere mai inferiore al 33% per ciascuna operazione. Abbiamo inoltre la capacità di entrare nelle situazioni problematiche, generalmente nelle procedure concorsuali, con un team di esperti, tra avvocati e commercialisti, e con un network consolidato, che individuano singoli crediti non performanti che possono essere trasformati in valore.
Tipicamente la nostra divisione Alternative individua i non performing che cede poi alla nostra divisione Real Estate, la quale, dotata di ingegneri, architetti, geometri e di tutte le figure professionali necessarie allo sviluppo, interviene sul progetto, lo completa e lo vende sul mercato, con profitto. Questo sistema ci garantisce almeno tre vantaggi: il primo è quello di saltare tutti i vari oneri di urbanizzazione e le autorizzazioni che in genere sono già stati versati nei progetti interrotti da procedure; il secondo è la contrazione dei tempi di valorizzazione degli immobili (spesso sono cantieri già avviati, a volte persino con interventi necessari minimi), infine il vantaggio di uno sconto importante sul valore nominale del credito, con un acquisto del sottostante nell’ordine del 35-40%, che si trasforma in margine alla vendita dopo i nostri interventi. Si potrebbe aggiungere un quarto vantaggio nella ridotta dipendenza dalle materie prime, in quanto le nostre sono opere di completamento e la riduzione dei tempi ci rende più impermeabili all’inflazione dei costi rispetto alla concorrenza”.
Sicuramente deve essere complesso individuare e districare le situazioni critiche nelle quali interviene il vostro business… Ma come vi finanziate? Leggevo dai dati del primo semestre del 2021 di un outstanding dell’ordine dei 35 milioni di euro, un debito lordo paragonabile alla stessa data ai 35,9 milioni del patrimonio.
“Fa parte del nostro modello di business la scelta di un ricorso al credito non bancario, con l’emissione di titoli, di cartolarizzazioni e via dicendo, ormai spesso sottoscritti da soggetti istituzionali o da family office. Queste forme di finanziamento ci consentono di ottenere la duttilità e la capacità di adattamento che servono alla nostra attività. Non sempre le banche sono in grado di capire la nostra proposta di valore e inoltre spesso valorizziamo proprio quei crediti su cui il loro intervento si è arrestato (questo può generare questioni di opportunità). Naturalmente l’intermediazione tradizionale interviene invece per l’operatività corrente.
In generale siamo comunque un gruppo immobiliare patrimonialmente virtuoso per gli standard di mercato, con il target di un gross debt/equity compresso nella fascia 1-1,2x che ci consente ampi margini di manovra, data anche la redditività della nostra gestione”.
La Borgosesia di oggi è il frutto di un’acquisizione di CDR Advance Capital dalla famiglia Bini e di un’operazione di risanamento: ci sono ancora legami tra i due gruppi?
“Nessun legame ormai. Nel 2019 CDR, di cui ero presidente rilevò la Borgosesia in liquidazione della famiglia Bini e promosse il rilancio del gruppo con dei conferimenti e lo spin off in Kronos di attivi e passivi, ma ormai è in pratica una partita conclusa e Borgosesia non ha più alcun legame con CDR o con Kronos.
Avete chiuso il primo semestre del 2021 con un balzo dei ricavi da 822 mila euro a 9,6 milioni, mentre il volume della produzione fletteva da 10,57 a 7,02 milioni di euro per questioni di fair value, nel periodo l’ebitda adjusted è volato da 2,5 a 6,35 milioni di euro, mentre l’utile balzava del 470% a 4,68 milioni di euro. Avete poi dichiarato a inizio anno di avere superato i target nel 2021 con nuovi investimenti complessivi per 22,2 milioni di euro e ricavi da vendite di immobili in crescita del 107% a 21,8 milioni. Avete nel frattempo annunciato un accordo con Consultinvest e un’altra importante partnership con DDM Invest III AG per NPL fino a 300 milioni. Come è andata nell’ultimo anno e come vedete il futuro in questo contesto complesso per i mercati e per il settore immobiliare?
“Premettendo che Borgosesia ha subito un impatto ridotto nel 2020 dalla pandemia, va precisato che l’analisi dei nostri risultati deve tenere conto dei nostri investimenti e delle nostre operazioni di rifinanziamento sul mercato. Crediti correnti e ricavi seguono la nostra operatività, che ci sta dando grandi soddisfazioni, con una quindicina di progetti in essere, e ci permette di prevedere una crescita importante dei volumi in futuro. La dinamica del fair value, che iscriviamo come costo di realizzo delle nostre operazioni, è garantita dal triplice controllo interno, di un esperto indipendente e del revisore, e viene aggiornata con cadenza trimestrale a tutela di una corretta gestione.
I dati preliminari indicati nel 2021 confermano già la solidità del nostro business e, dopo alcune operazioni nel settore dell’ospitalità (contigue al nostro tradizionale business del residenziale in aree a successo di mercato) non escludiamo un’espansione ulteriore in altri mercati attigui, come per esempio quello degli impianti per le rinnovabili. DDM Invest III AG è un operatore svedese (anche se di stanza in Svizzera) specializzato negli NPL: la sua fiducia, spintasi all’acquisizione del 5% del nostro capitale, ci consente di prevedere ulteriori vie di sviluppo. Se si considera il volume stimato di 300 milioni di NPL in tre anni con un solo accordo, si comprende la portata delle nostre prospettive.
Confermiamo dunque l’orientamento alla crescita del gruppo nel futuro. Il mercato degli NPL attualmente vale circa 350 miliardi di euro in Italia (valori lordi), ma dovrebbe crescere di almeno altri 100 miliardi di euro nei prossimi due anni e questo per noi rappresenta un contesto positivo. Di segno opposto l’orientamento delle banche centrali al rialzo dei tassi, ma non si prevedono strette impetuose capaci di bloccare la domanda di mutui.
Ci consente infine di guardare al futuro con ottimismo anche il nostro posizionamento strategico: siamo specializzati in operazioni finanziarie e industriali di rigenerazione urbana che saranno sempre più necessarie con lo sviluppo del mercato degli NPL e verranno inoltre incontro alle esigenze di molteplici attori del mercato”.