L’impegno di Borsa Italiana per la crescita delle PMI
Intervista a Barbara Lunghi, Head of Primary Markets di Borsa Italiana.
The Van, 25 Mag 2017 - 16:27
Piccolo è bello. O, meglio, era bello. Per decenni il coro (quasi) unanime dell’industria italiana ha continuato a ripetere che la dimensione ridotta delle nostre aziende rappresentasse un fattore importante del successo delle stesse sul mercato. La variabile dimensionale e la flessibilità che ne deriva, almeno in un certo periodo storico, hanno rappresentato effettivamente un fattore competitivo importante, ma oggi non è più sufficiente. Per competere su scala globale, infatti, l’alta incidenza di piccole aziende in Italia resta un elemento di debolezza, anche perché le imprese nostrane hanno mediamente dimensioni inferiori rispetto ai propri competitor esteri, con conseguenti maggiori difficoltà a sfruttare economie di scala. «Nel tempo, però, la consapevolezza della necessità di un diverso approccio da parte delle aziende italiane è aumentata – spiega Barbara Lunghi, Head of Primary Market di Borsa Italiana –. Si è modificato anche il rapporto con i mercati finanziari, grazie a un’evoluzione della cosiddetta cultura dell’equity e a una crescente attenzione verso capitali alternativi al tradizionale debito bancario». Un mutamento lento ma costante, che la stessa Lunghi ci racconta in questa intervista.
«Prima di tutto è importante differenziare le tipologie di imprese che si stanno avvicinando al mercato. Da un lato ci sono aziende di grande e media dimensione, considerate dei campioni dell’economia italiana, con una leadership riconosciuta e consolidata in alcune nicchie di mercato a livello internazionale. Queste aziende sono spesso a conduzione familiare e, come tali, guardano ai mercati con una certa prudenza, perché hanno interesse a preservare la loro identità. Anche queste aziende, con sempre maggiore frequenza, ricercano nel mercato una possibilità concreta per gestire i passaggi generazionali, adottare modelli di governance sofisticati, attrarre talenti manageriali e consolidare la crescita dell’azienda nel lungo periodo. Sono imprese, e spesso famiglie, che desiderano mantenere il “cuore” e la testa in Italia e, allo stesso tempo, garantire un futuro ambizioso per l’azienda e la creazione di valore per il territorio che la ospita. Dall’altro lato abbiamo invece PMI con alto potenziale di crescita, di prima generazione, che hanno un atteggiamento più curioso nei confronti dei mercati finanziari: sono interessate a capire se possano rappresentare un’occasione per accelerare la crescita e accettano di diluirsi nell’azionariato a vantaggio dell’interesse dell’azienda.
Proprio per venire incontro a queste nuove esigenze, il ricorso ai mercati finanziari può rappresentare una valida opportunità.
Quali sono i benefici che queste aziende riceverebbero da un eventuale ingresso in Borsa?
«Innanzitutto la possibilità di finanziare la crescita: raccogliere risorse importanti per accelerare il processo di internazionalizzazione e gli investimenti in innovazione, avere “carta quotata” per realizzare acquisizioni e alleanze strategiche, potendo contare su una struttura finanziaria solida e una diversificazione delle fonti di finanziamento. Un altro aspetto importante riguarda la credibilità che lo status di azienda quotata assicura nei confronti di clienti, fornitori e della comunità economica e finanziaria, che in molti settori si traduce in nuove opportunità di business. La quotazione regala anche molta visibilità, non solo all’interno del proprio settore, ma anche nella più ampia comunità imprenditoriale e finanziaria. Va inoltre menzionata l’opportunità di utilizzare i mercati per gestire i passaggi generazionali, adottare una gestione manageriale e attrarre i migliori talenti disponibili sul mercato».
Un modo per cercare di avvicinare le aziende alla quotazione in borsa è stata la creazione del mercato AIM Italia, dedicato alle piccole e medie imprese. Quali risultati sono stati ottenuti finora?
«Dall’anno della sua nascita, il 2012, a oggi le aziende che si sono rivolte ad AIM Italia hanno raccolto circa un miliardo di euro. A fine aprile 2017 sono 78 le aziende quotate, per una capitalizzazione totale di circa di 3,6 miliardi di euro e una media di 45 milioni di euro al momento della quotazione. Molti sono i settori rappresentati: dall’industria alla tecnologia, passando per la finanza, l’energia e i beni di consumo. Il mercato ha le potenzialità di diventare un punto di riferimento importante per le aziende ad alto potenziale di crescita e ci auspichiamo che un numero crescente di investitori investa nelle piccolo e medie imprese, che portano occupazione, innovazione e in ultima analisi benessere per il Paese. Grazie a un approccio regolamentare equilibrato e ai tempi ridotti richiesti dal processo di quotazione, il mercato è concretamente accessibile a un numero importante di aziende, a condizione che abbiano una storia di crescita da raccontare e il giusto management per realizzarla».
I presupposti per un rapporto più proficuo e produttivo tra imprese e mercati finanziari ci sono, quindi. Quali sono pertanto gli obiettivi per il 2017?
«Molte aziende piccole e medie stanno valutando l’accesso al mercato. Le misure introdotte dal Governo con la legge di bilancio 2016 per favorire gli investimenti nell’economia reale ed in particolare i cosiddetti Piani individuali di risparmio stanno portando sul mercato una liquidità importante, a beneficio di liquidità e valutazioni. A fine maggio l’indice FTSE Small Caps ha registrato un +27.2% da inizio anno e l’indice FTSE AIM Italia +23%. E’ decisamente il momento per pensare alla Borsa! Gli effetti di questa misura sul numero di quotazioni si inizieranno a vedere già nel 2017 e poi soprattutto a partire dal 2018, tenuto conto dei tempi decisionali e di preparazione delle aziende.»