La storia di Borsa: anni '60 e '70 (1963-1974)
La fine del ciclo espansivo e la nazionalizzazione elettrica
Con i primi anni ’60 il ciclo di espansione economica rallentò: la crescita dell’inflazione e l’andamento negativo della bilancia dei pagamenti portarono un’inversione di tendenza mentre l’intervento crescente dello stato nell’economia agì come un fattore depressivo sulla borsa.
I beni rifugio come i titoli di stato e del reddito fisso acquisirono peso rispetto al mercato azionario. La nazionalizzazione dell’industria elettrica portò alla cancellazione dal listino di alcuni tra i titoli più scambiati; altri furono interessati da processi di concentrazione finanziaria, come la fusione Edison-Montecatini del 1966.
La legge del 1974 e l'istituzione della Consob
Con l’inizio degli anni ’70 la borsa perse quasi completamente la propria funzione di finanziamento della crescita industriale.
Il risparmio venne sempre più dirottato verso il fabbisogno pubblico, sostenuto da alti tassi di interesse e l’attività sui titoli azionari si ridusse a passaggi dei pacchetti di controllo e a operazioni di puro carattere speculativo.
In questo contesto, per ovviare alla crisi di trasparenza del mercato, la legge 7/6/1974 n. 216 introdusse per le società quotate i primi obblighi di pubblicità dei bilanci e di informazione societaria e istituì un nuovo organo di controllo: la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob).
Milano capitale finanziaria
Gli anni ’70 furono anche gli anni in cui la piazza milanese acquisì un peso sempre maggiore nel quadro della rete nazionale delle Borse valori.
Gli istituti bancari, principali motori dell’operatività delle Borse italiane, si dotarono di strumenti per la gestione centralizzata degli ordini e iniziarono a convogliare tutte le operazioni presso un’unica sede, nella maggior parte dei casi a Milano. Da allora le altre nove Borse poterono contare solamente sulla clientela privata e sulle più piccole banche locali.