Economia dello spazio, Istat-Asi: produzione di 8 miliardi e oltre 23mila addetti
(Teleborsa) - Oggi nell'Aula Magna dell'Istat si è svolto l'evento "Towards a thematic account of the space economy in Italy. Methodology and first evidences". L'incontro rientra in un progetto di ricerca realizzato in collaborazione tra l'Istituto Nazionale di Statistica e l'Agenzia Spaziale Italiana (ASI) per la raccolta di dati sulle caratteristiche delle imprese del comparto spaziale e sul loro contributo al sistema economico nazionale. Nel corso dell'evento sono stati presentati i risultati della prima misurazione dell'economia dello spazio in Italia nell'ambito dei conti nazionali (variabili core del conto tematico). "Con la pubblicazione dei dati chiave sull'economia dello spazio in Italia nell'ambito dei conti Nazionali, l'Istat – ha affermato il presidente dell'Istat Francesco Maria Chelli – amplia ulteriormente la produzione di conti tematici coerenti con il sistema dei conti nazionali. I Conti tematici sono uno strumento essenziale per garantire sia una prospettiva di analisi integrata non sempre disponibile dalle statistiche di base sia la piena coerenza con le stime del Pil, garantendo in questo modo un'informazione di qualità e di immediata interpretazione rispetto al contributo fornito ai principali aggregati economici nazionali. Il proficuo ed efficace confronto tra i ricercatori e tecnici dell'Istat e gli esperti tematici dell'ASI ha consentito di affrontare e superare sfide complesse in termini di classificazione e misurazione che bilanciano il rigore dei conti nazionali con la rilevanza informativa delle nuove misurazioni prodotte".
"L'accordo tra ASI e Istat per la misurazione puntuale del valore della Space Economy ha – sottolinea il presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana, Teodoro Valente – un valore assoluto necessario per dare il giusto risalto al contributo che il settore spaziale ha nella economia nazionale. Un valore troppo spesso confinato in una nicchia e, di conseguenza, anche sottostimato. Oggi occorre saper cogliere e far comprendere, in maniera il più ampia possibile, le interdipendenze che lo spazio ha e produce in favore di numerosi altri settori industriali e produttivi. L'intesa che presentiamo non rappresenta un mero esercizio statistico ma un pilastro essenziale per rendere disponibili dati oggettivi utili a supportare le politiche governative e strategiche essenziali per determinare la competitività del Paese al fine di saper affrontare le sfide che il mercato globale richiede. Con questo primo passo vogliamo essere protagonisti, come abbiamo fatto con la legge italiana sullo Spazio, nella definizione di metriche comuni a livello UE, per garantire comparabilità e attrarre investimenti. ASI è già attiva nei tavoli ESA e UE su questo tema ed intende proseguire nel suo supporto e presidio. Auspicio per una continuazione della collaborazione tra ASI e ISTAT, con l'obiettivo di agire più in profondità sul dettaglio delle analisi anche a livello regionale".
Le stime sono state effettuate sulla base delle linee guida definite da ESA ed Eurostat, in collaborazione con OECD, US Bureau of Economic Analysis e Joint Research Center della Commissione Europea. Esse includono gli operatori market e non-market, ad esclusione delle Amministrazioni pubbliche centrali e locali. In particolare, le stime escludono le spese legate alla difesa. L'anno di riferimento dell'analisi è il 2021.
Considerando gli operatori market, l'economia dello spazio ha generato una produzione di 8 miliardi di euro, impiegando poco più di 23mila addetti, con un valore aggiunto di 2 miliardi di euro, pari allo 0,1 per cento del Pil. La componente upstream, ovvero le attività incluse nella filiera produttiva dell'economia dello spazio, impiega poco più di 14mila addetti con una produzione di 4,1 miliardi di euro e un valore aggiunto di 1,3 miliardi. Le esportazioni sono 2,1 miliardi di euro, di cui 1,8 miliardi riferibili ad attività upstream. Le importazioni ammontano a 1,6 miliardi, di cui 1,2 generate dall'indotto produttivo. Le imprese operanti nell'economia dello spazio hanno investito in beni materiali per circa 0,8 miliardi di euro, destinati principalmente a macchinari e attrezzature. Gli investimenti in ricerca e sviluppo intra muros sono pari a 0,6 miliardi. Nel settore non-market, che comprende le attività legate allo spazio svolte da istituzioni pubbliche (ASI inclusa) e private, il valore aggiunto si attesta a 353 milioni di euro, con l'impiego di circa 2,2mila addetti. Tali unità realizzano investimenti per circa 182 milioni di euro, destinati in larga parte alla ricerca e sviluppo (162 milioni). Nel settore manifatturiero si concentra il 76% dell'attività legata alla componente upstream, con l'impiego di oltre 10mila addetti, mentre i servizi market dominano lacomponente downstream. Quasi l'80% del valore aggiunto della space economy, pari a 1,5 miliardi di euro, è generato dalle grandi imprese (250 addetti e oltre), che occupano circa 17,8mila addetti. Il 90 per cento del valore aggiunto dell'economia dello spazio è generato da imprese appartenenti a gruppi multinazionali (1,8 miliardi di euro) che impiegano 20,5mila addetti. Considerando la componente upstream, esse contribuiscono per circa 1,2 miliardi di euro di valore aggiunto, occupando poco meno di 12,5mila addetti. Le imprese appartenenti a gruppi multinazionali attivano la quasi totalità dei flussi con l'estero: 1,5 miliardi euro di importazioni e poco meno di 2 miliardi di euro di esportazioni. Considerando il complesso dell'economia dello spazio, le imprese space mostrano una produttività del lavoro di circa il 65 per cento maggiore rispetto alle unità produttive non-space (84,8mila euro per addetto vs. 51,3mila) anche in considerazione delle caratteristiche settoriali. Le imprese operanti nell'upstream mostrano una maggiore propensione alla partecipazione ai mercati internazionali rispetto al resto delle unità produttive: il loro grado di apertura internazionale, misurato come rapporto fra la somma di importazioni ed esportazioni e la produzione, è del 77 per cento superiore a quello riscontrato nel resto dell'economia. Con riferimento alle esportazioni di beni, le imprese upstream mostrano infine anche un più elevato numero di mercati di destinazione (11,6 Paesi contro 7,5) e una maggiore differenziazione merceologica (13,1 prodotti contro 9) al confronto con le altre unità produttive. Le imprese operanti nel settore upstream mostrano una propensione agli investimenti (esclusa la ricerca e sviluppo) in media leggermente inferiore alle altre unità produttive, con un tasso di investimento, calcolato come rapporto investimenti e valore aggiunto, pari al 16,4 per centro contro il 16,9 per cento. Al contrario, le imprese upstream fanno registrare una più alta propensione all'investimento in ricerca e sviluppo rispetto al resto del sistema produttivo: 11,9 contro 7,2 per cento il rapporto fra investimenti in ricerca e sviluppo il valore aggiunto. Le retribuzioni medie degli occupati dipendenti delle unità produttive operanti nell'upstream (41,1mila euro pro capite) sono del 55 per cento superiori a quelle riscontrate nelle altre imprese (21,4mila euro).
La struttura occupazionale delle imprese operanti nell'upstream è fortemente orientata verso livelli di istruzione più alti: il 32,3 per cento dei dipendenti ha un'educazione terziaria, il 47,7 per cento secondaria. Nel resto dell'economia, gli occupati con livello di istruzione terziaria sono il 16,2 per cento, mentre sono 34,9 per cento quelli con educazione primaria. Il ricorso ai contratti a tempo determinato è marginale (3,7 per cento) nelle imprese upstream rispetto al resto dell'economia (16,6 per cento).
(Teleborsa) 09-12-2025 16:29