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Flossbach von Storch: Donald Trump e l'inflazione - PAROLA AL MERCATO

di Tobias Schaffoner* (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 10 nov - Donald Trump ha vinto le elezioni per la presidenza degli Stati Uniti - e non solo. In futuro, i repubblicani probabilmente deterranno anche la maggioranza al Senato e alla Camera dei Rappresentanti. Anche sei dei nove giudici della Corte Suprema sono nominati da presidenti repubblicani (a vita), compreso il presidente. Donald Trump ne ha selezionati personalmente tre. In un mondo di fatti alternativi e di un'opinione pubblica divisa anche dai media, probabilmente non c'e' mai stato un presidente nella storia degli Stati Uniti con cosi' tanto potere, soprattutto perche' all'interno del Partito Repubblicano non c'e' praticamente nessuna opposizione a Donald Trump, nessun correttivo interno al partito. Questa, probabilmente, non e' una buona notizia per il mondo, soprattutto per l'Europa.

Ma cosa possono aspettarsi gli investitori dal "Trump reloaded"? Nel suo discorso per la vittoria, ha annunciato cio' che intende fare nei prossimi anni: porre fine alle guerre, rendere sicure le frontiere, sconfiggere l'inflazione, ripagare i debiti, rilanciare la crescita degli Stati Uniti e creare posti di lavoro. La domanda e': cosa diventera' realta'? C'e' un evidente conflitto di obiettivi, almeno nella triade "ripagare il debito, tagliare le tasse, combattere l'inflazione".

Nell'estate di quest'anno, il debito pubblico degli Stati Uniti ha superato la soglia dei 35.000 miliardi di dollari.

Se si escludono i prestiti intergovernativi, il rapporto tra debito e prodotto interno lordo (PIL) raggiunge l'impressionante quota del 100%. Un fardello enorme per le generazioni future, che probabilmente aumentera' ulteriormente in base alle leggi attuali e alle proiezioni del Congressional Budget Office. Secondo questi calcoli, il debito del governo statunitense dovrebbe raggiungere il 125% del PIL entro il 2035, ma e' molto probabile che questa cifra sia solo una tappa verso livelli ancora piu' elevati nei prossimi dieci anni.

Per Trump, questo 125% non rappresenta certo un limite massimo. Che si tratti di agevolazioni fiscali per il lavoro straordinario, di un aumento della spesa per la sicurezza delle frontiere e per l'esercito o di una possibile riduzione delle aliquote fiscali sulle imprese, non ci sono limiti all'"ingegno" per l'espansione del debito. E cosi' il debito nazionale potrebbe addirittura salire al 143% del PIL entro il 2035 sotto Trump, come mostra un'analisi del Committee for a Responsible Federal Budget. Certo, tali proiezioni sono soggette a un elevato grado di incertezza, tuttavia la tendenza e' chiara: e' probabile che la montagna del debito statunitense sia destinata a crescere.

Per mantenere il debito accessibile nel lungo periodo, abbiamo bisogno di tassi di interesse moderati o, meglio ancora, bassi. La crescita finanziata dal debito, combinata con tassi d'interesse moderati, stimola l'inflazione nel lungo periodo, cosi' come i dazi commerciali che l'amministrazione Trump dovrebbe imporre per 'proteggere" l'economia statunitense. L'inflazione e' un problema che Kamala Harris e i democratici hanno "tralasciato" durante le elezioni e che invece Trump ha promesso di risolvere. E' molto probabile pero' che, prima o poi, dovra' fare i conti con questa promessa.

*Head of Multi Asset di Flossbach von Storch SE.

Red-

(RADIOCOR) 10-11-24 15:15:15 (0303) 5 NNNN

 


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