Il potenziale sottovalutato delle banche dell’eurozona

Di Fisher Investments Italia

eurozonaAnche se l'umore nell’eurozona si è spostato significativamente dopo la crisi del debito e gli investitori iniziano ad apprezzarne i titoli, molti continuano ad avere un’importate remora: le banche. Per quanto l’economia dell’unione monetaria sia migliorata, sono in molti a temere che le banche siano in crisi di capitali, con bilanci gonfiati e sotto minaccia dalla fine dello stimolo monetario da parte della BCE. Eppure, secondo noi analizzando i bilanci delle banche e le condizioni di mercato, la situazione appare diversa, cioè le banche dell’eurozona sono più sane di quanto non indichi il sentiment. Vediamo un enorme potenziale per sorprese positive nel settore, un possibile stimolo per le azioni delle banche della regione.

Il pessimismo degli investitori verso le banche sembra ancorato al passato. Molti anni dopo che economia e mercati hanno iniziato la ripresa post-crisi del debito, in tanti considerano ancora le banche appesantite da debiti in sofferenza e incapaci di sopravvivere senza il sostegno del governo. Ma a parte un paio di esempi di profilo elevato in Spagna e in Italia, questo non è più vero. Il coefficiente di capitale aggregato di Tier 1 delle banche dell’eurozona è salito dall’8% nel 2007 al 15% del terzo trimestre 2017.[i] La maggior parte delle banche, in particolare quelle più grandi, hanno risolto i problemi legati ai debiti in sofferenza e anche se Spagna e Italia hanno avuto a che fare lo scorso anno con fallimenti bancari, si trattava di istituti minori con problemi ben noti, unici e che non rispecchiano il sistema bancario di nessuno dei due paesi. Entrambe sono state acquisite da banche più grandi, decisamente in grado di assorbire i bilanci senza metterne a rischio la posizione finanziaria.

Con il risanamento dei loro bilanci, le banche dell’eurozona hanno iniziato a concedere credito con maggiore entusiasmo e sembrano ben posizionate per continuare a farlo. Le curve dei rendimenti della maggior parte dell’eurozona (che indicano la differenza tra i tassi d’interesse a breve e a lungo termine), si sono fatte ultimamente più ripide. La curva dei rendimenti ha un effetto diretto sui margini d’interesse netto delle banche, poiché esse prendono in prestito a breve termine (tramite i depositi dei clienti e il prestito interbancario) e concedono prestiti a tassi lunghi, beneficiando dello spread tra i due. Più ripida è la curva, più redditizio sarà il credito concesso. Tutto sommato e in media, ciò dovrebbe spronare la crescita del credito. Le banche non sono enti di beneficenza ed eventuali prestiti concessi devono compensare il rischio potenziale. Se i potenziali profitti sono minimi, le banche tendono a voler prestare solo ai debitori più solvibili e in questi modo la maggior parte delle aziende e delle famiglie vengono escluse. Stimolando i potenziali profitti, spread più ampi incoraggiano le banche a prestare a un ventaglio più ampio di richiedenti, con possibili ricompense più alte per giustificare il rischio.

Anche se molti ritengono che la decisione della BCE di ridurre il suo programma di acquisto di titoli, meglio noto come Quantitative Easing (QE), metterà a rischio la crescita del credito, riducendo la quantità di capitale in circolazione nelle banche, noi pensiamo che l’effetto sarà opposto, perché curve più ripide dei rendimenti in fin dei conti stimolano la crescita del credito. La maggior parte della liquidità entrata nelle banche tramite la BCE è finita nei loro bilanci come riserve cash, più che come cuscinetto per nuovi prestiti. Gli acquisti di attivi a lungo termine operati dalla BCE hanno ridotto i tassi d’interesse a lungo termine, appiattendo la curva dei rendimenti e, secondo noi, ridotto gli incentivi al credito per le banche. Non appena la BCE ha ridotto il ritmo degli acquisti per la prima volta nel 2017, le curve dei rendimenti nell’eurozona si sono impennate. (Grafico 1) Riteniamo che questo abbia portato all’accelerazione nella crescita del credito. (Grafico 2) Ci aspettiamo qualcosa di simile, dato che la BCE continuerà a ridurre gli acquisti di titoli quest’anno, sfidando i timori diffusi sul contrario

 

Grafico 1: Curve del rendimento dell’eurozona più ripide

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Fonte: Banca Centrale Europea, al 16/02/2018. Curve del rendimento dell’Eurozona, 30/12/2016 e 15/2/2018.

 

Grafico 2: La crescita del credito nell’eurozona supera quella degli USA

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Fonte: Banca Centrale Europea e Federal Reserve Bank di St. Louis, al 15/2/2018. Prestiti riferiti da istituti finanziari monetari, escluso il sistema europeo delle banche centrali nella zona euro, e prestiti e concessioni nel credito bancario, tutte le banche commerciali, dicembre 2012 – dicembre 2017.

I sondaggi dei principali responsabili dell’erogazione di credito delle banche dell’eurozona implicano che la loro volontà di dare credito è vicina ai massimi storici. Se le banche allentano le condizioni del credito, i prestiti bancari dovrebbero continuare ad aumentare, cosa positiva per gli utili delle banche ma anche per le prospettive di crescita dell’economia dell’eurozona. Poiché le banche dell’eurozona sono sensibili all’economia e ampiamente concentrate sul mercato interno, riteniamo che rappresentino una buona opportunità per capitalizzare la migliore crescita economica della regione da diversi anni a questa parte.

Pensiamo che il divario tra un sentiment ancora scettico e una realtà in miglioramento rappresenti un’ottima opportunità. Malgrado bilanci più sani, una profittabilità in aumento, una più rapida redditività del credito e una crescente domanda interna, le valutazioni delle banche dell’eurozona continuano a essere inferiori rispetto a quelle delle banche globali e i titoli si scambiano al di sotto dei livelli pre-crisi, un segnale che le aspettative degli investitori restano molto contenute. Man mano che il sentiment recupera terreno sulla realtà, siamo certi che gli investitori godranno di un maggiore margine per far risalire i prezzi delle azioni delle banche dell’eurozona.

 


[i] Fonte: Banca Centrale Europea, al 15/02/2018. Coefficiente di Tier 1, gruppi bancari domestici e banche indipendenti, tutte le istituzioni, quarto trimestre 2007 e terzo trimestre 2017.

 

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