Grecia al nuovo accordo, i pro, i contro, i numeri

Il nuovo piano di salvataggio della Grecia



FTA Online News, Milano, 26 Ott 2015 - 15:03

Il nuovo piano di salvataggio della Grecia e il travagliato percorso che ha portato all’accordo tra Bruxelles e Atene hanno riempito le cronache di tutto il mondo per tutta la prima metà del 2015. Sono stati sei mesi di dubbi sulla permanenza di Atene nell’Eurozona e il confronto sulla Grecia è stato una delle prove politiche più ardue per l’Europa dalla sua fondazione.


Ne è venuto fuori il terzo pacchetto di aiuti da 86 miliardi di euro in cambio di precisi interventi economici delle autorità greche, ma in diverse circostanze tutto è parso incerto. Il referendum indetto dal premier Alexis Tsipras sulle proposte europee è stato fortemente gradito e criticato al tempo stesso da una miriade di osservatori. Ha comunque cambiato l’approccio a queste tematiche finora sostanzialmente recluse nei tavoli tecnici. La vittoria del no all’accordo proposto ha segnato una vittoria per Tsipras, ma anche un ostacolo fortissimo al raggiungimento di un’intesa. La successiva intesa di luglio ha permesso un nuovo piano per Atene, ma in molti da subito lo hanno visto come un palliativo in vista di nuove riforme che nel tempo si potrebbero dimostrare necessarie. La fronda interna al partito di Syriza ha poi spaccato il partito di maggioranza e portato a nuove elezioni, che Alexis Tsipras è riuscito a vincere di misura rassicurando gli osservatori internazionali e quanti temevano che la faticosa intesa raggiunta con i creditori fosse rimessa in discussione.

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Già il 20 agosto scorso l’ESM (European Stability Management, il fondo salva-stati europeo) aveva approvato la prima tranche di aiuti da 26 miliardi di euro, sborsando subito 13 miliardi nell’ambito di una tranche da 16 (gli altri 3 miliardi di euro dovrebbero giungere al più tardi entro la fine di novembre).
Al 30 giugno la Grecia aveva un debito pubblico di oltre 312 miliardi di euro (fonte Hellenic Republic Debt Bulletin) in pratica in mano dei creditori internazionali istituzionali (UE, BCE e FMI). In base ai dati di fine 2014 soltanto gli istituzionali e il Fondo Monetario internazionale coprono infatti circa 257 miliardi di euro di crediti nei confronti di Atene il cui debito è detenuto da privati solo per 63 miliardi, tolti i 24 miliardi dell’Fmi (che oltretutto ha una seniority sul debito greco rispetto ai prestiti Ue, ossia diritto di precedenza nei pagamenti), rimane tutto in pancia agli Stati membri e alla Bce. In ordine ci sono i 57 miliardi della Germania, 43 della Francia e 38 miliardi di esposizione dell’Italia, anche se in questo caso il ministero dell’Economia ha precisato che a fine giugno l’esposizione dell’Italia verso la Grecia era di 35,9 miliardi euro.
A sorpresa però, secondo Eurostat, il Pil greco nei primi due trimestri del 2015, quindi nel pieno della crisi, è cresciuto dello 0,1% e dello 09% trimestre su trimestre su base corretta per le variazioni stagionali. Hanno invece mostrato una forte flessione gli investimenti (-8,4% e -10,6% nei due trimestri in termini di investimenti fissi lordi). Il comunicato sulla bilancia dei pagamenti di luglio della Banca della Grecia ha rilevato un surplus di 4,3 miliardi di euro dovuto principalmente agli afflussi da 1,8 miliardi legati agli introiti del programma europeo SMP del 2014. In pratica gli afflussi sono stati seguiti dal trasferimento di fondi al conto del governo greco tenuto presso la Bce (registrati alla voce altri investimenti come un incremento degli asset) come collaterale per il prestito ponte da 7,2 miliardi accordato dall’EFSM (il primo fondo salvastati europeo) e ottenuto grazie all’intesa con i creditori.

Inoltre a luglio il surplus di beni e servizi è cresciuto “grazie” al crollo del 40,7% delle importazioni dovuto in gran parte agli strumenti di controllo del capitale (quando sono stati limitati i prelievi agli sportelli Ndr). Per una visione più ampia si deve guardare al periodo gennaio-luglio 2015 durante il quale il conto corrente mostra un avanzo di 357 milioni di euro contro il deficit di 2,7 miliardi di euro dello stesso periodo del 2014. Pesa sicuramente il deficit della bilancia di beni e servizi più piccolo di 2,5 miliardi rispetto al dato del 2014 a seguito soprattutto del calo delle importazioni. Nello stesso periodo però cala anche del 3,8% l’export di beni e servizi (in flessione del 10,3% l’import).

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