Genesi di una crisi economica

FTA Online News, Milano, 03 Gen 2017 - 09:37

L’etimologia della parola "crisi" deriva dal verbo greco "krino", cioè separare. Trae le suo origini nel mondo "agrario", con riferimento alla trebbiatura e alla raccolta del grano, al momento in cui si divide la granella del frumento dalle scorie. È un separare "analitico", finalizzato a mantenere la "parte buona" del raccolto: implica la capacità di giudicare. Nel corso dei secoli, tuttavia, ha acquisito la sfumatura di "turbamento" che uno stato di scissione e di incertezza può generare. Per questo motivo oggi, quando si parla di crisi, si allude sempre a un evento negativo ed è importante riuscire a identificare i segnali che possono portare a un deterioramento delle condizioni fino ad arrivare a una "spaccatura" rispetto al normale corso degli eventi.

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All’indomani del fallimento di Lehman Brothers nel 2008, la regina Elisabetta chiese ai professori della London School of Economics perché nessuno si fosse accorto per tempo della situazione di "crisi".

Secondo la teoria economica neoclassica, il mercato è dotato di una capacità di autoregolazione, una naturale complementarietà tra domanda e offerta che segue il principio di "efficienza" dei mercati formulato da Eugene Fama, che ne fa il cardine interpretativo della realtà economica.

Lecito dunque chiedersi cosa faccia trasformare un’economia che segue l’efficienza e che funziona in un’economia che entra in crisi. In che modo un’economia entra in crisi?

Dietro a ogni crisi economica, così come per quella che si è verificata nell’estate del 2007, ancor prima nel 1929 e andando ancora più indietro nel tempo a metà del ‘300 a Firenze, è possibile individuare dei fattori comuni:

  1. EUFORIA. Gli anni che precedono la crisi sono caratterizzati da una eccessiva euforia con prezzi in crescita che spingono a un maggior ricorso all’indebitamento (per finanziare una maggior produzione o investimenti), una circostanza che porta a una sottovalutazione dei rischi assunti dagli intermediari finanziari nelle loro operazioni;

  2. INSOLVENZA. L’incapacità di restituire i prestiti ottenuti inizia a destabilizzare il mercato del credito fino ad arrivare a una crisi di fiducia poi a una paralisi del sistema interbancario e infine a una stretta del credito. Nel ‘300, l’insolvibilità di Edoardo III verso i banchieri fiorentini e le macchinazioni della serenissima repubblica di Venezia fecero crollare il sistema capitalistico costruito dalle grandi banche fiorentine e senesi. Nel ’29 una contrazione delle importazioni del Vecchio Continente mandò in crisi imprenditori e agricoltori americani che si erano indebitati per aumentare la produzione. Tra il 2006 e il 2007 scoppiò la bolla immobiliare determinando un crollo dei prezzi delle abitazioni, i creditori non riuscirono a saldare i debiti con le banche e le banche a saldare i debiti tra di loro. Per fronteggiare alla crisi di liquidità le banche furono costrette a vendere i propri asset (azioni e obbligazioni) provocandone una caduta del valore in borsa. Allo stesso tempo ridussero il credito a famiglie e imprese. In quest’ultimo caso la crisi, inizialmente solo finanziaria, si trasmise successivamente all’economia reale;

  3. AUMENTO INCONTROLLATO DEL RISCHIO. L’economia rallenta contribuendo a far crescere l’avversione al rischio con effetti sulla ricchezza (riduzione di consumi) e sulle aspettative future (riduzione di investimenti e scorte);

  4. CONTAGIO. Una sempre maggiore interconnessione della finanza globale determina la diffusione della crisi al di fuori dai confini del Paese in cui ha avuto origine (da crisi locale a crisi sistemica). Nell’ultimo crisi finanziaria, il fallimento di banche di affari come la Lehman Brothers, fortemente esposte nel settore immobiliare, contagiò tutto il sistema finanziario mondiale per via di uno strettissimo intreccio di relazioni di affari esistenti e in particolare per lo sviluppo smoderato della cartolarizzazione e del mercato dei derivati. Solo il massiccio intervento di sostegno effettuato dai governi centrali di molti Paesi ha evitato il tracollo dell’intero sistema economico finanziario mondiale, comportando tuttavia un imponente incremento del debito sovrano.

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