La Curva di Phillips

La relazione inversa tra il livello di disoccupazione e il tasso di variazione dei salari nominali



FTA Online News, Milano, 28 Ago 2012 - 14:28

Si deve all’economista neozelandese Alban William Phillips (1914-1975) la prima compiuta illustrazione della relazione tra il livello di disoccupazione  e l’inflazione. Dallo studioso che nel 1958 pubblico il saggio “La relazione tra disoccupazione e il tasso di variazione dei salari monetari nel Regno Unito 1861-1957” prende, infatti, nome la Curva di Phillips che individua una relazione inversa tra il livello di disoccupazione e il tasso di variazione dei salari nominali.

I dati degli anni presi in esame da Phillips mostravano che nell’economia britannica a un aumento della disoccupazione corrispondeva un rallentamento dell’inflazione e viceversa. La teoria di Phillips regalava così alla politica economica uno strumento di intervento di tipo keynesiano nell’economia di un Paese. Bastava che i policy maker scegliessero un corretto equilibrio tra livello dei prezzi e disoccupazione per dirigere l’economia nella direzione voluta. In ogni caso le Autorità erano sempre sottoposte a una scelta (trade-off) tra disoccupazione e inflazione e se volevano abbassare la prima dovevano essere disposti a tollerare un incremento della seconda e viceversa.

Essendo il problema della disoccupazione da sempre una delle sfide maggiori di ogni politica economica la curva di Phillips si poneva come uno strumento fondamentale di governo. Bastava condurre una politica monetaria espansiva per favorire un controllato incremento dell’inflazione che portava a una diminuzione della disoccupazione.

Nel 1970 però molti Paesi si trovarono di fronte a uno scenario inatteso di elevati livelli sia di inflazione che di disoccupazione (la cosiddetta stagflazione). Nel 1974 il Pil degli Stati Uniti diminuì di quasi 2 punti percentuali, mentre i prezzi crebbero di oltre l’11 per cento. L’anno successivo in Italia il Pil segnò un -3% mentre l’inflazione raggiunse il 17 per cento. L’origine di questo drammatico scenario fu individuata da molti osservatori con l’improvviso aumento dei prezzi del greggio deciso dai Paesi Opec: si trattava comunque di una situazione che non era possibile giustificare con la teoria di Phillips.

Alcuni economisti guidati da Milton Friedman colsero l’occasione per rilanciare teorie economiche di libero mercato e dunque non interventiste. Effettivamente il legame tra il livello di inflazione e quello di disoccupazione si era dimostrato più complesso del previsto. Fu dunque introdotto il concetto di Tasso naturale di disoccupazione (Nairu o Non-accelerating inflation rate of unemployment) e furono distinte curve di Phillips di breve e di lungo periodo dando un forte e nuovo rilievo alle aspettative di inflazione. Sostanzialmente si ritenne che nel lungo periodo la politica economica non potesse influenzare il livello di disoccupazione, sul quale si poteva agire soltanto nel breve periodo, quando le aspettative di inflazione potevano essere scorrette.

La nuova Teoria delle aspettative razionali incontrò, però, nuove contraddizioni quando si scoprì che non esisteva un solo equilibrio in economia e che alcuni fenomeni degli anni Novanta diversamente non potevano essere spiegati. Ancora oggi, in ogni caso, alla base di tutti gli studi sui rapporti tra inflazione e disoccupazione si pone la Curva di Phillips che, nelle sue varie teorizzazioni, costituisce il punto di partenza di ogni riflessione sul tema.


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