La Crisi del '29: le ripercussioni in Italia e in Europa

L’Italia e tutti gli altri paesi europei risentirono della Crisi del ’29. Scopri le conseguenze del protezionismo americano e le misure adottate nei vari paesi



FTA Online News, Milano, 04 Giu 2020 - 14:00

Da locale a globale, l’evoluzione della crisi in Italia e negli altri paesi europei

Tutti i paesi europei risentirono in varia misura del tracollo economico americano e delle misure protezionistiche degli Usa che provocarono, a cascata, l’adozione di soluzioni analoghe da parte degli stati europei in difesa delle loro industrie nazionali. La crisi divenne da locale a globale perché, dopo la prima guerra mondiale, l’economia degli Stati Uniti aveva assunto un ruolo centrale nell’ambito di quella internazionale. Il crollo della Borsa di New York si ripercosse sul sistema bancario americano che aveva alimentato con i bassi tassi di interessi sulle somme prese a prestito la speculazione finanziaria.

La crisi Usa si tradusse in una crescita dei fallimenti bancari e nel crollo degli indici di produzione industriale, dei salari e dei prezzi agricoli. Gli Usa erano i principali fornitori di capitali nell’economia internazionale successiva alla Grande Guerra e il ritiro dei crediti, imposto dalla necessità di liquidità, mise in crisi le finanze e le economie dei paesi europei in ricostruzione che dall’iniezione di dollari traevano il loro sostentamento, primi tra tutti i paesi vinti: Germania e Austria.

 

Le conseguenze del protezionismo

Un secondo fattore fu il dilagare di misure protezionistiche adottate dagli Usa a seguito alla crisi dei prezzi agricoli statunitensi che presto vennero emulate da tutti gli altri paesi, dando il via ad una nuova fase di chiusura di mercati e frontiere. In Europa le nazioni più colpite furono, come detto, Germania ed Austria dove ai forti venti della crisi economica si aggiunsero quelli della crisi politica e sociale. Il diffondersi della disoccupazione, il blocco della produzione industriale, la crisi a cui andò incontro l’economia agraria e quella bancaria e monetaria portarono ad un fenomeno di proletarizzazione del ceto medio e al diffondersi della miseria aprendo la strada alla crisi delle istituzioni e favorendo la presa sulla popolazione delle dottrine nazionalsocialiste di Adolf Hitler. Ciò fece da apripista agli accadimenti che portarono poi alla seconda guerra mondiale.

 

Le misure adottate dai vari paesi

In Austria la crisi portò nel 1931 alla chiusura della Kredit-Anstalt cui erano legate molte banche dell’Europa centrale. L’Inghilterra registrò un forte calo della produzione industriale, un deficit crescente e una disoccupazione dilagante ma riuscì a scongiurare la crisi sospendendo la parità aurea della sterlina nel 1931 e svalutando la divisa britannica del 30% circa.  In Francia, la crisi, che giunse più tardi nel 1935, venne affrontata con una politica deflazionistica, di compressione della spesa pubblica e dei consumi.

La via della deflazione venne seguita anche in Italia dal regime fascista. Tra il 1930 ed il 1931 il reddito nazionale reale toccò nel nostro Paese il livello più basso e dal 1932 al 1934 si registrarono i più alti livelli di disoccupazione che tornò a scendere solo nel 1935 con la guerra in Etiopia. La crisi del ’29 non risparmiò nemmeno la Russia che, seppure svincolata dall’economia del dollaro, subì un contraccolpo a causa della cessazione dei prestiti americani e dei ribassi dei prezzi dei prodotti agricoli che influirono sul primo piano quinquennale che contava molto sull’esportazione di questi per finanziare l’acquisto dei macchinari industriali dall’estero.

 

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