Analisi tecnica: scala lineare e scala logaritmica

L'utilizzo della scala lineare e di quella logaritmica nell'analisi tecnica: le differenze tra le due modalità di rappresentazione dei prezzi



FTA Online News, Milano, 07 Giu 2018 - 12:00

L’analista tecnico per poter analizzare uno strumento finanziario (indice, valuta, future, azione, obbligazione, ecc.) deve necessariamente disporre di una serie storica completa di rilevazioni sul titolo che intende studiare. I dati assolutamente necessari sono quelli dei prezzi e – possibilmente - dei volumi scambiati, ottenibili rilevando quotidianamente le quotazioni di un determinato titolo, riportando quindi graficamente sull'asse delle ascisse la variabile tempo e su quello delle ordinate la variabile prezzo. A questo punto sorge l’importante problema della scala con cui rappresentare i prezzi. Mentre per il tempo, grandezza assolutamente lineare, non si può che utilizzare un scala aritmetica lineare, la cosa non è così automatica per le quotazioni. Ricordiamo infatti che prezzi e tempo non sono valori omogenei per cui sia quindi assolutamente necessario l’utilizzo della medesima scala: in teoria un dollaro, un euro, uno yen non sarebbero direttamente confrontabili con un minuto, un’ora od un giorno.

Ad esempio potremmo decidere di preferire una rappresentazione grafica che consideri non il prezzo assoluto registrato in un determinato giorno, ma la variazione registrata dai prezzi nel determinato giorno rispetto al precedente. In altri termini per rappresentare i prezzi possiamo scegliere una scala lineare oppure una logaritmica. Le due modalità di rappresentazione possono far apparire decisamente differenti i due grafici seguenti: in realtà sono entrambe riferiti ad uno stesso titolo azionario nel medesimo periodo temporale.

La scala lineare (o aritmetica) è, tra le due, quella usata più frequentemente, anche perché la logica su cui si basa è molto semplice. Viene attribuita la stessa distanza ad eguali variazioni "assolute" dei prezzi. In pratica, se il prezzo di un titolo passa da 10 a 20 dollari o da 1000 a 1010 dollari, l'ampiezza dei due incrementi - sempre pari a 10 dollari - sarà rappresentata in maniera identica nella scale delle ordinate.

La scala logaritmica è invece derivata calcolando il logaritmo dei rendimenti, cioè della variazione di prezzo tra i vari intervalli temporali rappresentati sull’asse delle ordinate (ore, giorni, settimane, ecc.). Questo comporta una rappresentazione ben diversa dello spazio tra 10 e 20 e di quello tra 1000 e 1010 dell’esempio di cui sopra: basti pensare che il primo caso riflette una variazione del 100%, mentre il secondo riflette un modesto apprezzamento dell'1%.

Osservando il primo dei due grafici (scala lineare) ci appare che la variazione assoluta più evidente dei prezzi sia avvenuta nel febbraio 2000. In realtà ad un occhio "allenato" e ad una persona che segue i mercati, non sfugge certo il fatto che è da novembre dell’anno prima che le quotazioni hanno registrato i maggiori apprezzamenti in termini percentuali. Il periodo di massimo vigore della bolla speculativa relativa ai titoli della cosiddetta "New Economy", dunque, non è un fenomeno dei primi mesi del 2000, ma nasce ben prima. Tale considerazione appare assolutamente evidente "leggendo" il secondo grafico costruito con il metodo logaritmico.

Ma quale delle due modalità di rappresentazione è la migliore?

In realtà non c’è una risposta univoca ed assoluta. Il vantaggio principale dell'utilizzo di una scala logaritmica è sicuramente quello di individuare, con un semplice colpo d'occhio, l'importanza dei movimenti al di là dei valori assoluti a cui si sono verificati. Analizzare una qualsiasi attività finanziaria che presenti nel tempo escursioni molto ampie è meno difficile utilizzando tale rappresentazione, che è anche la migliore per analisi di lunghissimo termine.

La scala lineare, invece, ci consente di cogliere con relativa facilità le figure che il mercato disegna durante il suo percorso e quindi risulta più utile per l’analisi grafica tradizionale. Spesso, inoltre, valori interi dei prezzi (10, 50, 100, 10.000 …) rappresentano delle soglie "psicologiche" particolarmente importanti, a testimonianza del fatto che sono proprio i prezzi espressi in valori assoluti ad attirare l'attenzione, e non i logaritmi delle loro variazioni.

 


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